«Il Parlamento non dovrebbe ignorare il problema delle scelte di fine vita». Giorgio Napolitano esorta il legislatore a occuparsi di dichiarazioni anticipate di trattamento, sollecitato da una iniziativa dell’associazione Luca Coscioni su eutanasia e suicidi. Ampia la disponibilità dei parlamentari sensibili ai temi etici, a patto che non si imbocchino «scorciatoie» o vie «a senso unico».Ma non c’è nessuna presa di posizione pro-eutanasia, chiariscono informalmente al Quirinale, solo la ripresa di identiche dichiarazioni formulate nel 2008 in risposta all’europarlamentare Carlo Casini. Da parte sua l’associazione radicale in una conferenza stampa chiede al Parlamento un’indagine conoscitiva su «come si muore in Italia» e di esaminare i progetti di legge sul «fine vita». Per l’associazione addirittura «più del 60%» degli italiani sarebbe favorevole alla "dolce morte", arrivando a stimare in «200 mila» i malati terminali che in 10 anni avrebbero avuto «accelerata la fine» da parte dei medici. Il consigliere dell’associazione Coscioni, Carlo Troilo, spiega di avere scritto «a tutti i deputati e senatori», ma «solo Zanda mi ha risposto» esprimendo per altro tutti i suoi dubbi sull’eutanasia. Nonostante il disinteresse del Parlamento, il Presidente della Repubblica sollecita dunque i legislatori a «non eludere "un sereno e approfondito confronto di idee" sulle condizioni estreme di migliaia di malati terminali».Trasversali le posizioni pro e contro. Quindici senatori del Pd chiedono di esaminare il ddl di Ignazio Marino (Pd) sulle dichiarazioni di volontà anticipate. Posizioni analoghe da Sandro Bondi e Giancarlo Galan (Fi) e da Gennaro Migliore (Sel). Altrettanto bipartisan l’altro fronte: «Riapriamo il dibattito sul testamento biologico – dice Edoardo Patriarca (Pd) – ma senza sfociare in forme più o meno velate di eutanasia». Un tema che «si afferma in maniera dolorosa in Europa – ricorda Mario Marazziti (Pi) – e per questo ben venga una grande riflessione, non a senso unico». Sì al confronto, dichiara Gian Luigi Gigli (Pi) «tenendo conto del nostro triplice no: all’accanimento terapeutico, all’eutanasia, all’abbandono terapeutico». «La visione del Presidente sul fine vita rischia di essere parziale e unilaterale se il confronto è solo con le associazioni pro-eutanasia, come accaduto col caso Welby», dice Eugenia Roccella (Ncd). «Sì al confronto – concorda Maurizio Sacconi (Ncd) – se è alternativo allo scontro ideologico, che altri pretendono, su testi eticamente sensibili». «Si legiferi sul fine vita – invita Antonio De Poli (Udc) – non sull’eutanasia». Per Maurizio Gasparri (Fi) «l’invito a sorpresa del Presidente può aprire un nuovo aspro confronto».E per l’associazione Scienza & Vita l’eutanasia «non è scelta di libertà ma segno doloroso dell’emarginazione del singolo e della resa a una società dello scarto».