Attualità

PROVE D'INTESA. Napolitano sulle riforme: «Ora proposte concrete»

venerdì 9 aprile 2010
«È augurabile che si esca al più presto dalle anticipazioni e dalle approssimazioni che non si sa a quali sbocchi concreti, a quali proposte impegnative, a quali confronti costruttivi possano condurre». Da Giorgio Napolitano arriva un nuovo stimolo alle forze politiche sul tema delle riforme, partendo dalla constatazione che il Paese va rimesso in moto, e che per farlo bisogna stringere i bulloni e cambiare qualche pezzo del meccanismo costituzionale. Il Capo dello Stato auspica un «insieme interventi riformatori in campo sociale, economico e anche istituzionali che non sono più procastinabili» ma avverte anche che «le riforme non sono una formula magica, non basta invocarle per vedere la soluzione di tutti i problemi». Dunque, occorre «il massimo di stabilità politica e istituzionale» che non significa «nè l'immobilismo, nè la negazione della dialettica tra maggioranze e opposizione» perchè «molti sono gli spazi per la dialettica, anche per scontrarsi» ma c'è bisogno «di misura, di senso delle proporzioni» in un momento in cui invece «i giudizi estremi sono considerati gli unici validi». Un atteggiamento che magari «rende in termini elettorali, ma fa danni». Silvio Berlusconi, a Parigi per un vertice con Sarkozy, spiega proprio che «il sistema francese possa funzionare in Italia» e che il semipresidenzialismo «è il modello», «ma - ha aggiunto - non vogliamo prendere tutto da questo sistema». Per esempio con «un'elezione unica del Parlamento e del Presidente nella stessa giornata» che riduca il rischio di 'coabitazionè. Berlusconi spiega che il governo «sta lavorando» ma «non è ancora deciso nulla».Luciano Violante, responsabile riforme Pd, e autore dell'ormai celebre «bozza» sulle riforme costituzionali, osserva che «ci sono almeno tre cose che coincidono tra la nostra bozza e quella di Calderoli. Si tratta della riduzione del numero dei parlamentari, della costituzione del Senato federale e, in ultimo, della revisione dei criteri di distribuzione delle competenze tra Stato e regioni. Cominciamo a lavorare su questo per ridurre numero dei parlamentari, organizzare meglio il lavoro delle Camere in maniera da lavorare più celermente, e ridefinire le competenze tra Stato e regioni poi riflettiamo sul resto».