Napoli. Suicida il marito killer di Terzigno. «Una donna uccisa ogni 60 ore»
Il padre di Immacolata disperato davanti alla scuola elementare nel quartiere di Boccia al Mauro di Terzigno, dove la donna è stata uccisa con un colpo di pistola dal marito. Che poi si è ucciso
Un copione già scritto, che si ripete di nuovo. Anche a Terzigno. Si è ucciso Pasquale Vitiello, l'uomo che appena ieri mattina aveva ucciso sua moglie, Immacolata, con un colpo di pistola in testa davanti alla scuola elementare della loro figlioletta di appena 9 anni (QUI LA CRONACA). Dopo lunghe ricerche, scattate subito dopo l'omicidio e inutili fino a stamane, i carabinieri hanno trovato il suo cadavere in una zona che si trova a poche centinaia di metri dal luogo dell'omicidio, nella frazione di Boccia al Mauro di Terzigno (Napoli). L'uomo si sarebbe tolto la vita già ieri, secondo la ricostruzione del medico legale, e con la stessa arma con cui aveva ucciso la moglie.
Una donna uccisa ogni 60 ore
E mentre Terzigno piange la sua Imma, 31 anni, con fiori e striscioni appesi fuori dalla case, si torna fare la conta dei femminicidi in Italia. Troppi. In media uno ogni 60 ore. Due nelle ultime 24, se alla tragedia di Imma si aggiunge quella altrettanto choccante di Laura (20 anni, mamma di due bimbi piccoli, pugnalata e gettata in un pozzo dal suo compagno geloso vicino a Siracusa). Tremila dal 2000 a oggi, 27 soltanto quest’anno. In 8 casi su 10 compiuti da fidanzati e mariti, o ex. «È una vera mattanza a cui bisogna porre rimedio. La politica deve trovare una soluzione» è la denuncia di Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, presidente di Telefono Rosa. Due i punti, secondo l’associazione, sui quali bisognerebbe intervenire.
Le denunce? «Un buco nero»
Il primo riguarda i tempi troppo lunghi che intercorrono tra la denuncia della vittima e i provvedimenti che ne conseguono (protezione della vittima, allontanamento del coniuge...). Anche questi certificati, in particolare dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulla violenza di genere istituita in Senato nella scorsa legislatura: le indagini su una denuncia, per esempio, vengono concluse in larga parte entro un anno (un tempo infinito, per una donna che vede minacciata la propria incolumità) e l’89% (quasi tutte) delle sentenze diventano definitive entro tre. Una percentuale molto alta dei procedimenti per violenza sessuale e omicidio volontario tuttavia rimane a carico di ignoti, mentre un quarto delle denunce presentate contro autori noti viene archiviata. A macchia di leopardo le percentuali di assoluzione poi passano dal 12,6% del distretto di Trento al 43,8% di Caltanissetta. «C’è un vero e proprio “buco” tra la denuncia e il momento in cui la magistratura assume un provvedimento – continua Moscatelli –: non viene valutato nella giusta misura il rischio a cui si espone la donna nel momento in cui presenta denuncia: il fascicolo che la riguarda andrebbe inoltrato nel giro di poche ore ad un magistrato “dedicato”».
E poi c’è il nodo della “rete” che deve fare quadrato intorno alla donna: polizia, carabinieri, associazioni a cui le donne si rivolgono, tribunali. «Nel momento in cui una donna denuncia la rete va attivata, dando protezione, eventualmente valutando se la donna può rimanere dove abita o è meglio porla in una struttura protetta: spesso le vittime di violenza non percepiscono la gravità della propria situazione» continua la presidente di Telefono Rosa.
Nella casa coniugale di Imma e Pasquale, che la donna aveva lasciato due settimane fa dopo aver denunciato marito e suocera per l’aggressione subita, è stata trovata una lettera nella quale l’uomo si diceva «incompreso» e «pronto a farsi giustizia da solo» riguardo alla sua situazione familiare. Si sentiva lui, vittima.