Napoli. Il crollo al cimitero, specchio di degrado e povertà
Il crollo al cimitero napoletano di Poggioreale, con 200 loculi gravemente danneggiati
In parrocchia i defunti vengono regolarmente registrati. Nome, cognome, età, sacramenti ricevuti o meno. La storia si fa anche dai registri delle chiese. Da qualche anno, alla domanda del parroco sul luogo della inumazione della salma, la risposta è: «A casa». Dopo la cremazione, cioè, le ceneri sono state portate a casa, con non pochi disagi per il resto della famiglia e degli amici, che volentieri avrebbero desiderato portare un fiore o accendere un lumino sulla tomba del loro caro.
Il motivo di questa scelta, in genere, è da ricercare, almeno a Napoli e dintorni, nel fattore economico. I loculi non si trovano e costano tanto, non tutti se lo possono permettere, soprattutto le famiglie più giovani, colpite da un lutto improvviso. Il culto dei morti in Campania ha radici antiche. Da sempre i nostri cimiteri sono frequentati, le tombe pulite e decorate, le benedizioni richieste, le Messe celebrate. Eppure, nonostante il grande afflusso di visitatori, accade che non poche volte i cimiteri siano in preda al degrado. Erbacce, cumuli d'immondizie, ma soprattutto scarsa manutenzione di antiche cappelle, fosse e congreghe. Il crollo nel cimitero monumentale di Poggioreale di una congrega di tre piani solo per miracolo non si è trasformato in una ulteriore tragedia. Sotto le macerie, insieme alle duecento e più salme crollate con calcinacci e solai, avremmo potuto piangere molte vittime.
La manutenzione, continua, onesta, intelligente, degli antichi edifici di culto, dei palazzi, delle opere architettoniche, non riesce a rientrare nei pensieri, nei progetti e nelle spese delle varie amministrazioni. Accade come ai giardini e alle aiuole: una volta seminato, l'albero deve cavarsela da solo; se ci riesce, bene, in caso contrario, al suo posto rimarrà una buca, pericolosa per i pedoni, a ricordarne la memoria. Ma ritorniamo, ai cimiteri, alle spese per i funerali, alla decisione – dolorosa e, sovente, inopportuna – di tenere in casa l'urna con la ceneri dei propri cari, non per motivi ideologici ma per meri motivi economici.
Non è un segreto per nessuno che sugli affari del "caro estinto" da sempre la camorra ha messo le mani. Mani che si estendono agli ospedali dove, non poche volte, i dipendenti di autoambulanze private e delle pompe funebri tengono d'occhio i moribondi, pronti a farsi avanti al momento opportuno. Sono – quelli della morte di una persona cara – momenti di grande sconforto e confusione, in cui è difficile orientarsi con lucidità e ci si affida a chi per primo si fa avanti. Anche la ricerca della fossa o del loculo diventa faticosa e dispendiosa. Ecco, quindi, il motivo per cui, nel giro di pochi anni, tanti si sono "rassegnati" a passare dalla sepoltura alla cremazione.
Resta il problema degli antichi – e sovente pregiati – edifici lasciati a se stessi, nell'abbandono e nell'incuria. Il crollo di Napoli, per certi aspetti, era preannunciato. Da tempo si notavano lesioni e spaccature. Chi avrebbe dovuto dare l'allarme? Situazioni come queste non sono emergenze da affrontare ma drammi da prevedere. Le lapidi sono fatte di pesante marmo, le vecchie serrature sono arrugginite, rovinate dal tempo e dalle intemperie. Vanno monitorate. I nostri cimiteri sono frequentati da gente già segnata dal dolore e dai lutti. Occorre evitare che al dolore si aggiunga altro dolore, permettere alle famiglie che non vogliono ricorrere alla cremazione, portandosi a casa – sovente un basso o un piccolo appartamento – le ceneri, di poter dare degna sepoltura, a costi bassi e calmierati, ai loro congiunti, senza il bisogno di dover ricorrere agli "amici degli amici".
Occorre anche mettere in sicurezza gli edifici delle nostre città – ad Afragola nei giorni scorsi è crollato l'ennesimo palazzo disabitato –, e in particolare i cimiteri.