Elezioni. Napoli e il fardello del debito. Ma qui c'è il laboratorio politico Pd-M5s
Napoli si prepara al voto. Ma il debito del Comune è enorme
Il buco è così profondo che nessuno riesce a misurarlo con precisione. A spanne, facendo la media ponderata di varie ed eterogenee stime, parliamo di 5 miliardi di euro. Un sesto di una manovra economica nazionale pre-Covid. Una metà, 2,5 miliardi, è debito "puro", soldi che il Comune di Napoli deve al resto del mondo, in primis imprese, fornitori, professionisti.
Un’altra metà è considerata "credito difficilmente esigibile", cioè risorse che l’amministrazione non riesce e molto probabilmente non riuscirà mai ad incassare.
Sia chiaro: il sindaco uscente, il Masaniello della rivoluzione arancione, l’ex pm Luigi de Magistris, gran parte di questo debito l’ha ereditato dai suoi predecessori (i quali a loro volta hanno ereditato una ultradecennale malamministrazione). Con altrettanta chiarezza si può dire che De Magistris non ha dato un contributo incisivo, per usare un eufemismo, a un percorso di risanamento. Anche per questo motivo la stagione del primo cittadino proto-populista finisce senza gloria, sull’orlo di un dissesto e di un commissariamento dei conti pubblici sfiorato ed evitato con manovre d’aula da crepacuore.
Resta, della sua era, un simbolo potente, il "Lungomare liberato", la pedonalizzazione completa della metafisica via Caracciolo. Ma non basta a coprire vorticosi cambi di assessori, lo stato di guerriglia permanente con la Regione di Vincenzo De Luca anche durante l’emergenza Covid, il tempo sprecato a ipotizzare cose come la "moneta napoletana", movida sregolata e violenta, cantieri eterni. Fatti che fanno assumere alla sua pupilla ed erede, la giovane candidata a sindaco Alessandra Clemente, le vesti della vittima designata.
L'Ego
Da qui si parte. Da un debito monstre che spiega ogni cosa. A partire dalla difficoltà dei grandi partiti a trovare un candidato. Avvicinarsi ai conti di Napoli fa paura. Il centrodestra, alla fine, a essere precisi, un suo candidato non l’ha trovato. È Catello Maresca, il pm anti-camorra in aspettativa (sino a pochi mesi fa è stato in servizio nella stessa città che ora vuole guidare da sindaco, ndr), ad aver trovato il centrodestra lungo il suo cammino da candidato "civico".
A essere ancora più precisi, Maresca non ha alle sue spalle nemmeno tutto il centrodestra. Una componente moderata di Forza Italia si è staccata ed è andata a rifugiarsi nel centrosinistra di Gaetano Manfredi. Inoltre, nelle ore in cui occorreva presentare le liste, è arrivata la doccia gelata: "Prima Napoli", la lista della Lega, è stata esclusa dalla competizione per ritardi e documentazione incompleta. Qui il Carroccio alle Europee del 2019 aveva fatto il record del 12 per cento.
In due anni il credito accumulato da Matteo Salvini si è disperso. Prima la scelta di non presentare il simbolo, poi l’harakiri burocratico. Accompagnato dall’assalto comunicativo del "Capitano" al Reddito di cittadinanza, segno che forse il suo progetto di una Lega "nazionale" è alle battute finali. Molto probabilmente, se il Carroccio fosse rimasto in corsa, sarebbe arrivato ben dietro Fdi.
Per capirsi: a Napoli sono interessati dal Reddito quasi 160mila famiglie a copertura di circa 460mila persone, più dell’intero Nord Italia. D’altra parte il dato sul Reddito di cittadinanza spiega (in parte) il seguito che M5s continua ad avere in città. Giuseppe Conte fa l’elastico tra Napoli e il resto d’Italia: qui può unire una vittoria a un buon risultato personale, prospettiva che non ha, ad esempio, a Bologna dove anche corre con i dem. L’ex premier, sostenuto pienamente da Luigi Di Maio e Roberto Fico, è riuscito a imporre ai suoi l’alleanza con il Pd, l’arcinemico De Luca e la galassia di centrosinistra. E chi si è opposto è uscito dal Movimento.
Se c’è un’idea di cosa vogliano fare "l’avvocato del popolo" ed Enrico Letta nel 2023, bisogna proprio passare da Napoli. Anche la scelta del candidato-sindaco è emblematica: Gaetano Manfredi, ex rettore della Federico II e "tecnico" da sempre considerato di area centrosinistra, che però il suo incarico più prestigioso, quello da ministro dell’Università, l’ha svolto proprio con Conte premier. La sintesi precisa tra i due partiti che vogliono diventare «alleanza strutturale».
Il test sembra funzionare: Manfredi è in pole position e non nasconde di voler provare a vincere al primo turno. Maresca lo insegue con ammaccature, al punto che qualcuno nel centrodestra teme che l’outsider Antonio Bassolino, dall’alto dei suoi 74 anni e mille battaglie, possa superarlo e prendersi lo "sfizio" di un ballottaggio tutto interno al centrosinistra. Quanto tutto ciò interessi davvero alla città è l’enigma irrisolto. La stanchezza della gente si percepisce. E l’astensione per disincanto è dietro l’angolo.