Attualità

Emergenza. Muro greco per i migranti asiatici

Paolo Lambruschi lunedì 23 giugno 2014
Il centro di detenzione per i migranti dell’isola di Chio, a picco sull’Egeo, è il sogno di chi arriva dalla rotta del Mediterraneo orientale, quella che dalla Turchia porta in Grecia, frontiera d’Europa. È un luogo tranquillo con sei baracche da 20 letti ciascuna, bagno e aria condizionata dove minori, donne e adulti ora sono stati separati. La costa turca è vicinissima, dal centro si vede nitidamente la penisola di Karaburun che chiude a ovest il golfo di Smirne, regno di contrabbandieri trasformatisi in fretta in “commercianti di anime”, come li chiamano in quest’isola dove è nato Omero, cantore cieco di antiche odissee. Chio, unico luogo nel mare di mezzo dove il lentisco produce la profumata resina di masticha, è da due anni intersezione di flussi asiatici da Pakistan e Afghanistan con quelli di Siria e Nordafrica. Sulla rotta sono passate circa 25mila persone nel 2013, 20mila meno di quelle arrivate nello stesso anno via Nordafrica nel Mediterraneo centrale, a Lampedusa e sulle coste siciliane. Ma il grosso è partito negli ultimi 11 mesi e la contabilità non annota i respingimenti verso la Turchia. La situazione è tesa. Nel mare tra Lesbo – poco più a nord – e Chio in 67 interventi a maggio sono state fermate 1.628 persone. L’esodo si è spostato a sud, dice la polizia, quando nel 2012 hanno innalzato il muro di 10,5 km a Evros, sul fiume che divide Grecia e Turchia. Allora a Chio hanno aperto il centro. Regole di accesso: né foto né colloqui. Ai 32 migranti appena sbarcati gli agenti stanno prendendo le impronte con lo scanner per registrarle nella rete Schengen, poi visite mediche. Resteranno poche settimane, poi verranno portati ad Atene. I siriani, che al 90% lasciano comunque la Grecia per dirigersi verso il nord Europa, come profughi di guerra ottengono un permesso di sei mesi. Agli altri viene dato solo un mese di protezione dopo di che devono andarsene. Chi resta finisce in una sorta di limbo, nessun permesso e lavori malpagati in nero nella Grecia devastata e abbruttita dalla grande crisi.Dalla costa turca i mercanti di anime fanno partire in media tre volte la settimana gommoni e piccole imbarcazioni di sette metri, che percorrono in poco tempo le 9 miglia nautiche che li separano dalla periferia dell’Europa. «Sono traversate brevi per i siriani, i più numerosi e ricchi, che pagano anche 10mila euro ciascuno – spiega Christos Karakallos, assistente dell’ex ministro della Marina mercantile Moussouroulis – per imbarcazioni potenti che arrivano in pochi minuti. Gli altri stanno anche due ore in mare sul gommone e pagano 1500 dollari. Ogni zodiac porta circa 30 persone».Ma non è facile sbarcare in Grecia. Nella quiete e nel vento di Chio lontano dai riflettori si ascoltano tante storie dure sui respingimenti di siriani, afghani, somali ed eritrei in fuga da guerre e miseria. Le acque cristalline dell’Egeo sono diventate la tomba di almeno 1.000 migranti, 188 annegati o dispersi solo tra l’agosto 2012 e il marzo 2014, tra cui bambini e neonati. In alcuni casi la Guardia costiera ellenica avrebbe grosse responsabilità, come nel naufragio del 20 gennaio al largo di Farmakonitsi dove morirono 11 afghani e siriani, tra cui otto bambini. Due sopravvissuti hanno infatti raccontato ad Amnesty International che l’affondamento era avvenuto dopo che i marinai greci avevano agganciato lo scafo trainandolo ad alta velocità con manovre a zig-zag verso la Turchia. Le autorità hanno negato. L’ultimo naufragio di cui si ha notizia è avvenuto un mese e mezzo fa a Samos. Affogarono 22 siriani, quattro bambini. A maggio, infine tre cadaveri sono stati ripescati al largo di Chio. Il primo approdo in Europa è l’isoletta della Madonnina, a tre miglia dal porto.«Qui avviene la maggior parte degli interventi di salvataggio – spiega il comandante della guardia costiera di Chio Ioannis Arghraghis – poi li scortiamo in porto per le visite mediche. Più raramente sbarcano sulla spiaggia militare di Villa Sant’Elena». E i turchi? «Non cooperano, li lasciano passare».Il comandante nega deciso di aver fatto respingimenti: «Noi abbiamo ricevuto l’ordine di salvare i migranti in mare». Ma la prova che invece i respingimenti avvengono è costituita dalle contromisure prese dai trafficanti: fornire un coltello ai migranti per bucare il gommone o benzina per incendiare la barca appena arriva la Guardia costiera obbligandola al salvataggio o stipare gli zodiac di donne e bambini africani, afgani e siriani.Le accuse di Efi Latsoudi, attivista dell’ong greca Latra che lavora nel Centro migranti della vicina isola di Lesbo sono precise. «Li sta tuttora effettuando la Guardia costiera greca con due navi di Frontex, l’agenzia europea che controlla le frontiere, una romena e una finlandese. Ho raccolto di recente testimonianze di siriani respinti sei volte prima di sbarcare. Anche famiglie con bambini e minori soli. I soldati impediscono ai profughi, minacciandoli con le armi, di bucare i gommoni. Poi li trainano fino alla costa turca con il tacito assenso della marina di Ankara e li sbarcano con la forza. Le deportazioni impediscono l’esercizio del diritto di asilo». Lo scorso novembre l’Acnur aveva chiesto ai greci di interrompere i respingimenti. E non è tutto, secondo l’avvocato Natasha Strachini, leader di Lakhtra, c’è un episodio che getta una luce inquietante su quanto accade sul confine marittimo orientale dell’Ue: «Il 6 marzo – racconta – un gommone con 16 siriani guidato da uno scafista è stato intercettato dai guardiacoste per respingerlo. Per sfuggire ha iniziato a girare in tondo. Dalla vedetta hanno sparato perché. hanno detto che temevano un attacco. Due disabili siriani a bordo hanno alzato le stampelle, ma i militari pensavano fossero armi e hanno sparato ancora. Hanno portato tre profughi feriti in ospedale. Gli altri erano terrorizzati, pensavano di essere tornati in guerra».Se ne deduce che chi arriva a Chio è fortunato. Di sicuro si fregano le mani i trafficanti. Solo allo sbarco i “commercianti di anime” turchi, sperando che l’Ue non apra mai varchi umanitari, incassano i soldi via money transfer dalla classe media siriana in transito verso il nord Europa, da afgani e dagli africani, in particolare quelli provenienti dal Corno d’Africa. Per questi ultimi, è meglio tentare l’ingresso da qui che non dall’inferno libico. Si imbarcano in Tunisia per la Turchia e camminano fino a Smirne per 3500 dollari. Prima dell’attacco qaedista in Irak, Frontex prevedeva per il 2014 un aumento del 28% degli arrivi. Ora nessuno azzarda più previsioni. L’unica certezza è che questa porta della Fortezza si chiuderà ulteriormente. E per narrare le moderne odissee dell’Egeo servirebbe un altro Omero.