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Covid. Morì a 18 anni dopo il vaccino, indagati 5 medici. Per i pm poteva salvarsi

Enrico Negrotti venerdì 8 marzo 2024

Camilla Canepa

Cinque medici sono indagati dalla Procura di Genova per la morte di Camilla Canepa, la ragazza di 18 anni deceduta il 10 giugno 2021, due settimane dopo aver ricevuto la prima dose del vaccino anti Covid di AstraZeneca, Vaxzevria. Quattro sono accusati di omicidio colposo per non aver seguito le linee guida che indicavano gli accertamenti clinici necessari che, secondo i pm Francesca Rombolà e Stefano Puppo, avrebbero consentito una corretta diagnosi e forse anche di salvare la vita della ragazza. Tutti e cinque i medici sono poi accusati di falso ideologico perché nelle cartelle cliniche non avevano indicato che la ragazza era stata vaccinata con AstraZeneca.

Camilla Canepa, studentessa di Sestri Levante (Genova), era andata a farsi vaccinare partecipando a un open day il 25 maggio 2021. Nei giorni seguenti sviluppò una forte emicrania e fotofobia, e si recò in Pronto soccorso all’ospedale di Lavagna il 3 giugno. Qui vennero eseguiti alcuni accertamenti, e la ragazza fu rimandata a casa, per far ritorno al Pronto soccorso due giorni dopo con ulteriori deficit motori. A questo punto la Tac evidenziò una emorragia intracranica: nonostante il trasferimento al reparto di Neurochirugia dell’ospedale San Martino di Genova, dove fu sottoposta a due interventi chirurgici, la ragazza morì pochi giorni dopo.

I medici sotto indagine lavoravano al Pronto soccorso dell’ospedale di Lavagna: dal primario neurologo agli internisti che compilarono la cartella clinica. Gli investigatori contestano al primario del Pronto soccorso di «non avere diffuso formalmente ai medici del proprio reparto le linee guida per il trattamento della sindrome da Vitt» (Vaccine-induced immune thrombotic trombocitopenia, cioè trombocitopenia con trombosi indotta dal vaccino).

Il medico in reparto al primo accesso della ragazza, che aveva detto di essersi vaccinata contro il Covid, «nonostante sapesse delle linee guida riferitele oralmente dal primario, somministrava un antidolorifico e faceva solo un emocromo completo senza avviare il percorso diagnostico per Vitt» senza «prescrivere una risonanza con mezzo di contrasto», e neppure «effettuava il test di coagulazione» e «il dosaggio degli anticorpi».

Il medico subentrato il giorno dopo, con il primario, «nonostante la paziente lamentasse anche un lieve aumento della sintomatologia, non facevano una corretta diagnosi di possibile Vitt e disponevano una Tac senza liquido di contrasto». Anche il neurologo, pur conoscendo la sintomatologia della paziente e il fatto che fosse vaccinata «ometteva di suggerire un appropriato esame diagnostico per immagini, come una angio Tac con mezzo di contrasto».

Si trattava, sostiene la Procura, degli accertamenti previsti dal protocollo della Regione Liguria per il trattamento della sindrome Vitt. E, sempre secondo i pm, quegli esami avrebbero permesso di evidenziare la patologia e attivare le cure che avrebbero potuto salvare la vita della studentessa. Dall’autopsia era emerso che Camilla «non aveva alcuna patologia pregressa e non aveva preso alcun farmaco». E che la morte per trombosi era «ragionevolmente da riferirsi a un effetto avverso da somministrazione del vaccino anti Covid». La Procura ha inviato cinque avvisi di conclusione dell’indagine e i medici potranno chiedere, entro 20 giorni, di farsi interrogare.

Subito dopo la morte di Camilla Canepa, il ministro della Salute Roberto Speranza adottò il parere del Comitato tecnico-scientifico (Cts) che stabilì che il vaccino AstraZeneca potesse essere somministrato solo alle persone con un’età pari o superiore a 60 anni. Attualmente il vaccino Vaxzevria non è più disponibile in Italia. Negli Stati Uniti, il vaccino di AstraZeneca non è mai stato somministrato perché la Food and Drug Administration (Fda) non lo ha mai approvato.