Angela Merkel ha ascoltato il piano di Mario Monti. Ha osservato il premier italiano mentre le illustrava le nuove sfide: la riforma del mercato del lavoro, le liberalizzazioni... La Cancelliera domandava, il Professore rispondeva. Con particolari, citazioni, numeri, stime. Quel "faccia a faccia" in scena nella Cancelleria va per le lunghe e quando i due compaiono in sala stampa, con mezz’ora di ritardo sul programma fissato, la Merkel sorride e rassicura: «Non abbiamo bisticciato, avevamo solo un sacco di cose da dirci». Per qualche minuto è la signora Merkel la protagonista. È lei a dare i titoli alle agenzie di stampa. «In pochi giorni l’Italia ha realizzato misure importanti. Ha fatto cose straordinarie». Mario Monti ascolta impassibile: sembra sicuro di sé e soddisfatto dell’esito della missione tedesca. La Cancelliera va avanti e l’"accarezza" ancora: «Sono rimasta impressionata dalla velocità con cui sono partite le riforme che rafforzeranno l’Italia. E ne ho seguito con grande rispetto l’attuazione».I temi trattati nel vertice privato e poi esposti nella conferenza stampa si accavallano. Nell’edificio post-moderno a due passi dalla porta di Brandeburgo e dal cuore di Berlino, Mario Monti e Angela Merkel si guardano negli occhi e si confessano i mali dell’Europa. Si dicono che la questione Grecia va risolta. Si interrogano su una "Tobin tax" che sembra allontanarsi e sugli Eurobond che restano un traguardo importante. Poi affrontano la "questione Italia". Monti mette in fila le «misure dolorose accettate con maturità» dagli italiani e chiede alla Germania di fare la propria parte, di capire fino in fondo l’importanza di dare più forza a un fondo salva-Stati che potrebbe restituire la giusta serenità ai mercati. La Merkel fa qualche passo in avanti, Monti insiste, chiede un impegno maggiore e non nasconde il rischio di spinte populiste e anti-tedesche nel nostro Paese. Poi, davanti a telecamere e taccuini, il premier batte un nuovo colpo: «Non chiediamo ricompense, quello che abbiamo fatto è stato nell’interesse dell’Italia. Chiediamo il riconoscimento del nostro lavoro. L’Europa non deve più temerci come possibile fonte di infezione della zona euro, anzi può oggi contare su un’Italia pronta a fare fino in fondo la sua parte per garantire alla Ue stabilità».Monti si muove con abilità. Pesa le parole e calibra i messaggi, dando l’impressione di sapere sempre dove arrivare. E il punto è uno: bisogna spingere perché lo <+corsivo>spread<+tondo> scenda. «Gli italiani, e io con loro, sperano che nei mercati finanziari ci possa essere una riduzione dei tassi di interesse, che potevano essere giustificati una volta quando, a torto o a ragione, c’era sfiducia verso l’Italia...». Oggi - dice il premier - non è più così e servono subito segnali, «prima dei molti trimestri che occorrono per tradurre le buone politiche economiche in crescita». Monti arriva al punto per gradi, poi sferra l’affondo: «Ci aspettiamo dall’Europa la messa a punto di quei meccanismi che facilitino la trasformazione di buone intenzioni in risultati». In conferenza stampa il premier non va oltre. Ma dalla conversazione privata con la Merkel "rimbalza" un’ipotesi allo studio: la Bce potrebbe intervenire direttamente nel fondo salva-Stati portando liquidità inattesa. Questo sarebbe il segnale ai mercati e quello stop definitivo alla speculazione che Monti si attende e sul quale la Merkel comincia a ragionare. Una partita complessa che sarà ripresa il 20, quando la Merkel e Sarkozy saranno a Roma, e tre giorni dopo all’Eurogruppo (appuntamenti sui quali Monti riferirà poi il 25 in Senato).I temi si accavallano. La "Tobin tax"? Monti sorride e cita proprio James Tobin di cui fu allievo: «Nel 1980 mi disse: è come il mostro di Lochness, si vede, poi scompare, poi ricompare». E ora? «Noi abbiamo una posizione aperta, ma non so se avrebbe senso averla solo nell’Eurozona...». Come dire che se Cameron non l’accetta è inutile perdere tempo. Il Professore difende le sue scelte con orgoglio. E a tratti dà l’impressione di prendere le distanze dal governo precedente. «Non vogliamo una crescita effimera basata su provvedimenti occasionali che poi porta, come in passato, inflazione e disavanzi». Qualcuno domanda se con il passaggio da Berlusconi a Monti sia cambiata la collaborazione tra Italia e Germania. Il premier esita. Si volta. Guarda la Cancelliera. Poi entrambi abbassano lo sguardo e accennano un risolino, così simile a un altro più famoso. La risposta però non c’è. La Merkel la schiva, Monti prova a rimediare: «Mi sono talmente emozionato che ho dimenticato la domanda precedente».