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SPRECHI NEL MIRINO. Monti: «No a spese inutili e non accettate regali»

Marco Iasevoli giovedì 9 febbraio 2012
​A colpi di direttive Monti, nella doppia veste di premier e ministro dell’Economia, sembra voler votare Palazzo Chigi e Via XX Settembre ad una austerity totale. Nella circolare emanata ieri sembra quasi stendere un decalogo la cui prima regola è lapidaria: «È vietato accettare regali superiori a euro 150, che vanno restituiti o comunque devoluti alla propria struttura». La norma, scrive il professore, già è prevista dai codici etici interni e serve ad evitare che i "doni" vengano interpretati, da un «osservatore imparziale», come «finalizzati ad acquisire vantaggi in modo improprio». Tradotto per i non abilitati al linguaggio burocratico, è una vera e propria disposizione anticorruzione per strutture che maneggiano decine di migliaia di euro al giorno in appalti, concessioni, spese di rappresentanza e costi di ordinaria amministrazione. E il tetto massimo di 150 euro è in molti casi inferiore a quanto spende un fornitore per fare un "piccolo dono di Natale" al funzionario che rappresenta l’ente.La direttiva è indirizzata ai vertici delle Agenzie fiscali, ai capi dei dipartimenti del Tesoro, al comandante della Guardia di finanza, al direttore dei Monopoli di Stato e al rettore della Scuola superiore dell’economia e delle finanze. L’incipit è in stile montiano: negli ultimi mesi si sono accumulate manovre su manovre, ma «è di tutta evidenza che l’introduzione di nuovi meccanismi legislativi non è sufficiente se l’adozione di nuove disposizioni non è accompagnata da un’azione amministrativa indirizzata in modo deciso al perseguimento degli obiettivi di economicità ed efficienza».Sembra quasi un appello alla responsabilità e alla «sobrietà». Cui seguono però indirizzi tassativi subordinati ad un principio generale: stop a costi «non indispensabili e non ricollegabili in modo diretto ed immediato ai fini pubblici assegnati alle singole strutture amministrative». Ne consegue «l’astensione con estremo rigore» dall’effettuare «ogni spesa di rappresentanza», salvo casi «del tutto eccezionali» e per somme di «modico valore». Pochissime eccezioni dunque, «riferibili a rapporti con Autorità estere», ma comunque ammesse solo «previa espressa autorizzazione».La scure si abbatte anche sull’organizzazione di «convegni, celebrazioni, ricorrenze e inaugurazioni», anche quando questi sono entrati nella storia dell’ente. Il motivo? Non solo per quello che costano, dice Monti, ma anche perché sottraggono numerosi dipendenti al lavoro ordinario. Se - insiste - si dovesse valutare che i benefici superano la spesa, allora, sempre «previa espressa autorizzazione», si utilizzerà «la giornata del sabato» evitando di avvalersi di servizi e personale esterno.Poi la trasformazione in regola di quanto i codici etici si limitano ad auspicare. «I destinatari non accettano, per sé e per altri, beni materiali, quali regali o denaro, né beni immateriali o servizi e sconti o servizi o qualsiasi altra utilità, diretta o indiretta, da soggetti (persone, amministrazioni, enti, società) in qualsiasi modo interessati dall’attività del ministero che eccedano il valore di 150 euro». E se anche non fossero restituiti (ad esempio perché il "donatore" si oppone), andrebbero devoluti al dicastero assicurandosi che non sia stata compromessa «l’indipendenza di giudizio, la correttezza operativa, l’integrità e la reputazione del dipendente».Già a fine 2011 Monti aveva scritto una circolare alle sedi della pubblica amministrazione raccomandando di limitarsi agli stanziamenti «strettamente necessari» e agitando lo spauracchio dello stretto controllo da parte del Tesoro. A metà gennaio, il premier ha inoltre inviato al Tar il decreto sulle auto blu che integra quello varato dal governo Berlusconi in estate, estendendone l’applicazione agli organi costituzionali, alle Regioni e agli enti locali, rendendo ordinario l’uso dei «mezzi pubblici» al posto delle macchine di servizio e imponendo agli enti di comunicare subito, e non nell’arco di trenta giorni, l’acquisto o la presa in possesso di nuove vetture. È evidente, dunque, il tentativo di alzare la pressione sui dirigenti e sugli amministratori facendo intendere che controlli e sanzioni saranno all’ordine del giorno.