Di due cose Mario Monti è certo. Uno, del fatto che «se l’alternativa fosse un governo o una maggioranza orientata a interrompere il tragitto europeo e le riforme strutturali dell’Italia», allora sarebbero «meglio nuove elezioni». Due, e si tratta di un corollario della prima affermazione - fatta con un occhio alle possibili reazioni dei mercati, non certo per un auspicio di nuove consultazioni - gli appare chiaro che «nessuna offerta politica, neanche quella che si è più vistosamente affermata, il movimento 5Stelle, appare neanche lontanamente capace di affrontare la necessità di un ancoraggio saldo dell’Italia alla Ue». E per chi non avesse capito chi è che recalcitra a dare garanzie sul piano europeo, l’attuale premier torna sull’invito a discutere del Consiglio europeo del 14 marzo. «In queste ultime ore non sono stato nel mio ufficio e non so se il signor Grillo ("signor", perché non parlamentare, precisa subito,
ndr) abbia risposto». Ieri il presidente del Consiglio uscente ha riunito i parlamentari di Scelta Civica e ha tenuto una conferenza stampa, nella quale ha affrontato tutti i nodi dell’ingarbugliata matassa post-elettorale. Non ultimo quello di chi succederà a lui stesso a Palazzo Chigi. Ci sarà una proroga? «Penso a esercitare i poteri di presidente del Consiglio finché esiste questo governo. Ogni ipotesi ulteriore dovrà essere posta da altri e valutata da molti, inclusi me e noi», ha risposto diplomatico. Ma comunque chiaro. Riassumendo: in caso di larghe intese e di un’offerta politica che prosegua le riforme da lui avviate.Per il momento glissa sulle otto proposte di Pier Luigi Bersani. «Il tema è molto sensibile delicato e importante, vorrei leggere bene quel punto e gli altri», ha detto riferendosi in particolare al primo punto, che chiede di correggere le politiche europee di austerità. «Vorrei solo dire, ma non è una risposta a Bersani, che l’Italia ha fatto un passo fondamentale nell’acquisire il pareggio di bilancio in termini strutturali», ha aggiunto il leader di Scelta Civica. Non siamo, comunque, ha avvertito il leader del raggruppamento centrista, nella situazione in cui lui prese le redini dell’esecutivo su invito del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. «Sono convinto che l’Italia non sia ingovernabile», perché rispetto a quanto avvenne nel novembre 2011 «le difficoltà a trovare un accordo tra le forze politiche sono minori». Fermo restando che «siamo nel campo delle competenze del Capo dello Stato» che «ha dato prove straordinarie di saggezza» e dunque le forze politiche «dovrebbero rimettersi il più possibile a lui». Dunque, la speranza è che «venga trovata una soluzione per il nuovo governo». Questo perché, dice un po’ ironico un po’ per far risaltare la sua azione, allora c’era un’acuta crisi finanziaria da affrontare e, dunque oggi c’è maggiore interesse in ciascun attore politico a esprimere un premier. «Allora, c’era una certa ricerca di qualcuno che accettasse di prendersi quell’onere». Sullo scudo anti-spread, il senatore a vita auspica che all’Italia non serva. Comunque chiarisce che «ci vorrebbe un’approvazione del Parlamento». Infatti il professore bocconiano si dice contrario «a cortocircuiti tecnocratici. Se si tratta di prendere impegni ulteriori per il Paese, bisogna che sia il Parlamento ad assumerli». Quanto, infine, proprio all’eventuale ingresso in un nuovo governo «nessuno me lo ha chiesto».