Attualità

Il documento. Il Consiglio d'Europa: violenze e minacce a chi aiuta i rifugiati

Vincenzo R. Spagnolo giovedì 22 febbraio 2024

La commissaria per i diritti umani del Consiglio d'Europa Dunja Mijatovic

In tutta Europa, «individui e organizzazioni si trovano ad affrontare crescenti molestie, intimidazioni, violenze e criminalizzazioni», semplicemente «per aver contribuito alla protezione dei diritti umani di rifugiati, richiedenti asilo e migranti». Lo denuncia la commissaria per i Diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatović, pubblicando una Raccomandazione sulla situazione dei difensori dei diritti umani che assistono migranti bisognosi di protezione umanitaria. La situazione è seria e pertanto - è il monito della commissaria, giunta al sesto anno del suo mandato - «gli Stati europei devono fermare questa repressione».

La Raccomandazione

Il documento, destinato alle autorità dei 46 Paesi membri dell'organizzazione e reso noto oggi, si intitola “Proteggere i difensori: porre fine alla repressione dei difensori dei diritti umani che assistono rifugiati, richiedenti asilo e migranti in Europa”. E mette in fila una serie di problemi e sfide affrontati da singoli e organizzazioni umanitarie, illustrando inoltre le misure che gli Stati membri del Consiglio d’Europa dovrebbero intraprendere per proteggerli. «Nel contesto delle politiche di asilo e migrazione repressive, cartolarizzate e militarizzate», avverte Mijatović, «gli Stati trascurano sempre più i loro obblighi di garantire che i difensori dei diritti umani possano lavorare in un ambiente sicuro e favorevole». Di conseguenza, coloro che sono impegnati «nel salvataggio in mare, nell’assistenza umanitaria o legale, nel monitoraggio delle frontiere, nei resoconti dei media, nel patrocinio e nel contenzioso», nonché in altre attività «di assistenza ai rifugiati, ai richiedenti asilo e ai migranti in Europa, sono soggetti a molteplici forme di repressione».

«Retorica ostile, violenza e minacce»

La Raccomandazione scende poi sul terreno concreto dei problemi e degli ostacoli che i difensori dei diritti umani devono affrontare. Si tratta di un elenco di situazioni e atteggiamenti che inquietano e che vanno dalla «retorica ostile e stigmatizzante da parte di funzionari governativi, parlamentari e di alcuni media», fino a «violenza e minacce» e alla sconcertante «mancanza di azione da parte delle autorità per affrontarle». Come se non bastasse, si registrano episodi o campagne di «criminalizzazione del lavoro umanitario o dei diritti umani con rifugiati, richiedenti asilo e migranti» a causa di «un’applicazione eccessivamente ampia» delle leggi sul traffico di esseri umani. Infine, si registrano perfino casi di «negazione dell’accesso a luoghi cruciali per monitorare i diritti umani o fornire assistenza, come centri di detenzione e accoglienza e zone di confine». Atteggiamenti e comportamenti paradossali, se si considera che – fa notare la commissaria - «i governi europei dovrebbero considerare i difensori dei diritti umani come partner chiave nel garantire politiche di asilo e migrazione efficaci e conformi ai diritti umani». Invece, denuncia ancora il documento, «li trattano con ostilità». E «questa politica deliberata sta danneggiando i diritti umani degli attori della società civile e delle persone che essi servono. Per estensione, danneggia il tessuto democratico delle società».

Azioni urgenti per invertire la tendenza

Per invertire questa tendenza repressiva, Mijatovic ritiene necessario che le autorità «riconsiderino le politiche generali in materia di asilo e migrazione che contribuiscono a creare un ambiente ostile per i difensori dei diritti umani, in particolare quelle che si concentrano sull'impedire un arrivo sicuro e l'accesso all'asilo, che utilizzano il diritto penale, piuttosto che quello amministrativo, per affrontare la migrazione irregolare e che hanno un approccio eccessivamente securitario o militarizzato». E chiede ai governi degli Stati aderenti al Consiglio d’Europa di mettere in campo alcune azioni urgenti. Quali? Anzitutto, quella di «riformare leggi, politiche e pratiche che interferiscono indebitamente con le attività dei difensori dei diritti umani». Poi, la necessità di «garantire che le leggi sul traffico di migranti non criminalizzino alcuna forma di diritti umani o di lavoro umanitario con rifugiati, richiedenti asilo e migranti». Quindi, la tempestiva «eliminazione delle restrizioni all'accesso a luoghi e informazioni» e l’urgenza di «stabilire procedure di sicurezza efficaci per i difensori che si trovano ad affrontare violenze e minacce e indagare efficacemente su tali incidenti». E infine, un’avvertenza che suona quasi come un richiamo neppure tanto velato a chi governa adottando nei confronti dei migranti toni aggressivi: la richiesta di «porre fine alla retorica stigmatizzante e dispregiativa».