«Don Ramon, quando smette di tremare la terra? » . Il sacerdote della parrocchia S. Antonio di Pile non riesce a trattenere le lacrime. «Mi sono sentito così impotente – racconta – quando un bambino mi ha fatto questa domanda ieri». Don Ramon Mangili è appena tornato da Roma; nella Capitale ha preso beni di prima necessità, poi anche vasi e paramenti sacri perché « la popolazione non ha solo bisogno di un rifugio, ma vuole pregare ed io nel terremoto ho perso tutto». Ha ottenuto quaranta tende per i suoi trecento sfollati, ma «alla gente non interessa dormire una notte in più in macchina, quello che chiedono è di non esser lasciati soli ». Come don Ramon l’arcivescovo dell’Aquila Giuseppe Molinari e i parroci stanno facendo il lavoro più difficile: consolare i cuori affranti dal dolore di quanti piangono amici e parenti che non ci sono più e le loro case ormai disastrate. «La popolazione chiede di pregare e noi invocheremo il Signore con loro nei campi – afferma l’arcivescovo Molinari, entrando per l’ennesima volta nella tendopoli di Paganica – stiamo facendo arrivare tende-cappella in ogni campo e un sacerdote sarà in mezzo ai fedeli dall’alba al tramonto». Anche lui è sempre in mezzo alla sua gente, con la sua città. Molinari corre dagli sfollati, poi all’obitorio allestito nella scuola ufficiali della Finanza, poi ancora nella caserma dei carabinieri e nel centro operativo della Protezione civile. «La situazione mi sembra buona, i cittadini si stanno rasserenando, per quanto possibile in queste situazioni, anche perché sanno che non li lasceremo soli. Poi il lavoro di tanti volontari e forze dell’ordine è incredibile ed è per questo che ho voluto visitare sia i luoghi della disperazione che i centri di coordinamento. Tutti qui hanno bisogno di una parola di conforto e di rinsaldare la fede». Anche in una casa di tela blu. È difficile rassegnarsi che questa sia divenuta la propria abitazione, ma niente scenate di rabbia nelle tendopoli. « Qui la gente piange con compostezza – riferisce don Francesco Scommegna, parroco di Pianola, allargando sconsolato le braccia – ma continua a sperare». «Le case si ricostruiscono – sussurra a Sergio che si dispera pensando al prestito ancora da restituire – dobbiamo ringraziare il Signore di essere vivi». Il mutuo di casa è una costante tra la gente, c’è chi ha versato solo poche rate ed ora la casa è un cumulo di macerie. Anche l’arcivescovo Molinari ci tiene a ribadire il problema: «Bisogna pensare a chi ha la casa distrutta o non ha un lavoro e deve rimettere anche un mutuo. Le forze politiche mi sembrano concordi nel voler trovare una soluzione per loro che non hanno colpa. Prego molto per questo». La preghiera qui nella tendopoli non manca, da ieri in quella di Pianola lo si fa alle 18 come ogni sera nella chiesa di S. Maria, «è un modo per iniziare a tornare alla normalità », aggiunge don Francesco. Ma di normale c’è ben poco nei campi. Roio, Pizzoli, Cagnano Amiterno, Paganica e le tante frazioni dell’Aquila; li riconosci dalla tende blu allineate o ancora in costruzione e dalla gente che vaga, aspetta e cerca occhi amici. Don Daniele Rosu, a Pizzoli e Cagnano, si divide tra i numerosi campi portando con sé il suo sorriso e la parola di Dio. «Sembra poco in questi casi, lo so – ammette il sacerdote – ma noi preti siamo in mezzo alla gente perché il panico è alto e le numerose scosse portano a crisi di isteria. Anche se sappiamo di essere nulla di fronte alla forza della natura». Chissà perché però nei momenti tragici, c’è sempre l’anziana donna che tira fuori di tasca un corona e inizia a recitare. I rosari e le lodi nascono spontanee nei campi. «Qui a Pettino – racconta il parroco don Dante Di Nardo – anche prima che venissero le suore ad aiutarci, c’era sempre un momento in cui si ringraziava il Signore al mattino e alla sera. Nessuna funzione organizzata, la popolazione sa di essere viva grazie a Lui». Gli aiuti istituzionali ci sono, ma la solidarietà degli abruzzesi fa il resto, soprattutto nell’immediato. «Un’azienda di Pizzoli che rifornisce ospedali e mense – confessa il parroco don Claudio Tracanna – ha offerto mille e cinquecento pasti per i senzatetto. Almeno non abbiamo avuto il problema del cibo qui». Da sfollati tutti fanno tutto e vicini di casa mai salutati diventano migliori amici; così anche i sacerdoti non alleviano solo le ferite dell’anima, ma montano tende e trasportano cibo. «Non possiamo abbandonare i nostri fedeli - dice il parroco di Roio, don Giovanni Mandozzi, mentre scarica acqua dal camion dalle Protezione civile –. La gente, poi, ha bisogno di essere ascoltata, di raccontare la sua tragedia, di una preghiera personalizzata ». La Pasqua di Resurrezione è vicina e anche L’Aquila prova a risorgere dal dramma seguendo la passione di Cristo, così come si può. Oggi, Giovedì Santo alle ore 16 nelle oltre venti tendopoli dell’aquilano verrà celebrata la Messa in Coena Domini; sempre in contemporanea, poi, la Domenica di Pasqua alle ore 10 tutti gli sfollati all’unisono innalzeranno il canto di gioia per il Cristo risorto.