C'è la figlia di un ex agente segreto che dice: «Mio padre voleva fermare la strage, ma non fece in tempo». C’è Carlos, il superterrorista internazionale imprigionato a Parigi, che chiede di essere ascoltato su Piazza Fontana e gli Anni di Piombo. E c’è un’agenda misteriosa, quella del neofascista di Ordine nuovo Giovanni Ventura, dimenticata in un armadio del tribunale di Milano nel corso dell’ultima inchiesta sulla strage alla Banca dell’Agricoltura, aperta recentemente nel massimo riserbo. «Il giorno dell’attentato mi trovavo a Milano. Poco dopo telefonai ai miei genitori a Roma – racconta ad Avvenire Anna Maria Fusco Di Ravello –. Rispose mio padre, non dimenticherò mai la sua voce sconvolta: 'non ho fatto in tempo a fermarli'. Quello è rimasto il cruccio della sua vita». L’avvocato Matteo Fusco Di Ravello era in realtà un importante agente del Sid, il servizio segreto dalle mille trame. Secondo la figlia aveva ricevuto l’ordine di fermare la fazione eversiva degli 007. Una ricostruzione che trova conferma nelle parole del senatore a vita Paolo Emilio Taviani, morto nel 2001: «La sera del 12 dicembre 1969, il dottor Fusco defunto negli anni ’80, stava per partire da Fiumicino (in realtà da Ciampino, ndr) per Milano, era un agente di tutto rispetto del Sid. Doveva partire per Mi- lano – disse Taviani – recando l’ordine di impedire attentati terroristici. A Fiumicino seppe dalla radio che una bomba era tragicamente scoppiata e rientrò a Roma». Dunque ai vertici dei Servizi c’era chi sapeva. Ma Fusco chi avrebbe dovuto bloccare? «Ciò che posso dire – risponde la figlia – è che mio padre certamente si riferiva ad agenti dei servizi deviati, i quali in quegli anni agivano, secondo quanto ho appreso da mio padre, insieme a neofascisti e, in alcuni frangenti, con esponenti della mafia». Già nel 2001 i ricordi di Anna Fusco furono affidati a due pagine di verbale redatte da due militari del Ros dei carabinieri. Oggi quelle dichiarazioni potrebbero diradare un po’ di nebbia. L’avvocato Fusco era un uomo di destra, «ma più volte non temette di andare al di là delle sue opinioni politiche per fermare la mattanza». Qualcosa da dire l’avrebbe anche un sinistro protagonista di quell’epoca. È Ilich Ramirez Sanchez, meglio noto come Carlos lo Sciacallo, il terrorista venezuelano che sta scontando in Francia l’ergastolo per attentati, omicidi e una serie di spettacolari azioni antisraeliane compiute in tutto il mondo. «Carlos – conferma ad Avvenire la moglie-avvocato Isabelle Coutant-Peyreè – è sempre disponibile a testimoniare davanti a una commissione parlamentare italiana, assistito dai suoi legali, ma non ci sono mai state risposte da parte delle autorità francesi. Vorrebbe parlare, ma non in Francia». I depistaggi dello Sciacallo sono leggendari quanto i suoi silenzi. La sua attività eversiva è successiva di qualche anno all’esplosione di Piazza Fontana, ma i contatti intrattenuti da Ilich Ramirez Sanchez sono sempre stati ad altissimo livello, ottenendo protezione da molti governi. Domandiamo se Carlos intenda riferire, oltre che sulla strage di Bologna, anche sugli attentati in Piazza Fontana e a Brescia in Piazza della Loggia. Risposta: «Certamente». A questo punto la riapertura di un fascicolo d’inchiesta sulla bomba nella Banca dell’Agricoltura potrebbe voler dire che le 73 pagine con cui nel 2005 la Corte di Cassazione confermò l’assoluzione di Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni, non furono l’ultimo atto dell’intricata vicenda giudiziaria: 11 processi in 36 anni. Nel 2005 la Cassazione consegnò alla storia il mistero della strage che il 12 dicembre 1969 fece 17 morti e 85 feriti. Furono confermate le assoluzioni per i tre neofascisti di Ordine Nuovo, condannati in primo grado all’ergastolo e poi prosciolti in Appello a Milano il 12 marzo 2004. La Suprema Corte sposò la tesi della colpevolezza dei terroristi neri Franco Freda e Giovanni Ventura, comunque non più processabili perché assolti l’1 agosto 1985 dalla Corte d’Appello di Bari con sentenza poi diventata definitiva. Nell’ultimo verdetto la Cassazione li indicava quali «esecutori materiali». Mancano ancora i nomi di mandanti e organizzatori. I funerali delle vittime: decine di migliaia di persone si raccolsero nella cattedrale e in piazza Duomo per rendere l’estremo omaggio ai caduti Ramirez Sanchez, detto Carlos lo Sciacallo