Quando si parla di giustizia minorile bisogna guardare le due facce della medaglia. Quella negativa di un adolescente che ha già problemi con la legge. E quella positiva di un ragazzo che ha ottime possibilità di non ricascarci più: in sette casi su dieci infatti non c’è recidiva. Un dato che può crescere, se si investe di più sulle misure alternative: tra chi sbaglia di nuovo, infatti, la gran parte non ha usufruito della sospensione del processo e messa alla prova. Peccato che oggi a seguire i 19mila ragazzi nel circuito penale minorile ci siano solo 350 assistenti sociali: «Troppo pochi, così è una missione impossibile », constata Silvana Mordeglia, presidente del Consiglio nazionale degli Ordini degli assistenti sociali: «La politica deve capire – dice – che disinvestire oggi in questi settori significa spendere infinitamente di più domani, quando ci troveremo una società ingestibile e costosissima». La conferma che anche - forse soprattutto - nella giustizia minorile le misure alternative sono le più efficaci, socialmente ma anche economicamente, arriva dallo studio su
La recidiva nei percorsi penali dei minori autori di reato, prima ricerca nazionale su 1.100 casi analizzati nel 2010 di minori - all’epoca - nati nel 1987, raccolti dagli assistenti sociali e condotta dal Servizio di statistica del Dipartimento giustizia minorile e dall’Università di Perugia. Le misure alternative comunque nella giustizia minorile, pur tra difficoltà, sono la norma, il carcere l’eccezione: su circa 20mila minori del circuito penale, 800 sono in comunità, meno di 400 in carcere, tutti gli altri sono nella cosiddetta area penale esterna. La recidiva tra i minori riguarda dunque il 31%, mentre il 69% fino a 23 anni non ha più commesso reati. Chi sbaglia di nuovo lo fa da minore nel 12% dei casi, il 9% sia prima che dopo i 18 anni, il 10% solo da adulto. Più a rischio i minori stranieri (non accompagnati, di prima e di seconda generazione) che ci ricascano più degli italiani (46% contro 31) e le ragazze straniere più delle italiane e degli stranieri (55%), dato condizionato dalla presenza prevalente di ragazze rom. Altri fattori che favoriscono la recidiva sono l’abbandono scolastico (49%) rispetto a chi studia (19%), o il lavoro saltuario o precario (42%). Recidive più alte anche tra chi ha solo il padre (58%), è affidato a un parente (64%), è senza fissa dimora (67%). «Lo Stato – ragiona la presidente Mordeglia – deve decidere a cosa non può rinunciare. Sì alla revisione della spesa, ma nella la scuola o nei servizi tagliare significa prepararsi a spendere di più. Ogni ragazzo ha le sue peculiarità, i progetti standardizzati non funzionano, vanno costruiti singolarmente con le reti dei servizi e del terzo settore. La politica deve avere coraggio: raddoppiare gli assistenti sociali che lavorano nella giustizia minorile è una spesa insostenibile? Non dico che bisognerebbe rinunciare agli F35, basterebbe l’equivalente del costo di un’ala», dice sorridendo.