Famiglia. Il ministro Bonetti a capo della Commissione adozioni internazionali
Il ministro alla Famiglia Elena Bonetti è ufficialmente a capo della Commissione per le adozioni internazionali. La nomina, entrata in vigore con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale di venerdì 18 ottobre di un apposito decreto del presidente del Consiglio, costituisce un passaggio importante per la Cai, l'ente che regolamenta e controlla l'attività delle organizzazioni che gestiscono le adozioni di bambini stranieri da parte delle famiglie italiane. «intendo portare avanti progetti a tutela delle famiglie coinvolte nei percorsi di adozione e a garanzia del superiore interesse del minore, al fine di consentire a questi bambini meno fortunati le stesse opportunità di futuro dei nostri figli», ha dichiarato Elena Bonetti.
Si rallegra il presidente di Amici dei Bambini (Aibi) Marco Griffini, che per lungo tempo si era battuto affinché la presidenza della Cai fosse delegata al ministro della Famiglia e non, come è accaduto in passato, a un sottosegretariato di governo. "Speriamo, così, di ritornare al periodo felice dell'adozione internazionale. Usciamo da un decennio caratterizzato da un sostanziale disinteresse". Ci sono stati lunghi periodi (addirittura 3 anni tra il 2014 e il 2016), in cui la Cai non è mai stata convocata. Alla vicepresidente della Commissione da giugno 2017 siede Laura Laera, già presidente del Tribunale dei minorenni di Firenze, che ha impresso un nuovo e proficuo slancio all'attività della Cai. Tra le altre cose, è iniziata la razionalizzazione degli enti autorizzati, che sono scesi a 55 e probabilmente entro la fine dell’anno arriveranno sotto quota 50.
Sono tanti i motivi che spiegano la crisi delle adozioni internazionali, in calo in tutto il mondo, con flessioni anche più rilevanti che non nel nostro Paese: di fronte a un crollo dell’80 per cento nel mondo occidentale dal 2004 al 2016, in Italia la decrescita si è fermata al 55%. Uno dei motivi è la recente decisione di sospendere le adozioni da parte di grandi Paesi come l’Etiopia e la Polonia. Negli anni scorsi aveva "chiuso" le adozioni estere anche la Romania. Un'altra ragione è che cresce il numero dei Paesi che 'fanno da sé', che cercano cioè di risolvere il problema dei minori abbandonati con l’adozione nazionale e con l’affido. A questo si aggiunga il calo delle nascite, quello dei matrimoni e la "concorrenza" della fecondazione assistita e perfino dell'utero in affitto, e la lista dei motivi della crisi si allunga.
Serve poi dare slancio agli accordi bilateraIl con i Paesi di provenienza dei bambini: dopo un periodo di assoluto stop, sono a buon punto di trattativa il Senegal, il Benin e la Cambogia.