Proposta. Ministero e assessori di pace: il rilancio di un'idea
Il rilancio di una proposta nobile, che fu già di don Oreste Benzi nel 1994 con una lettera aperta al governo italiano, e quanto mai attuale in questi tempi tornati di guerre a varie latitudini: creare, a ogni livello delle amministrazioni pubbliche, una figura istituzionale che si occupi di promuovere la pace, per diffondere una cultura che renda arduo in futuro intraprendere la via dolorosa dei conflitti. È l’obiettivo, coltivato con fede e una dose di necessaria utopia, che si è posto Lorenzo Damiano, 58enne di Conegliano, presidente dell’associazione “Pescatori di pace”, trascorsi da attivista politico (anche nel Popolo della Famiglia), passato in tempi recenti da posizioni free-vax durante il Covid (poi contratto, con ricovero in ospedale, al rientro da un pellegrinaggio a Medjugorje) a un’aperta fiducia nella medicina ufficiale («È stato uno dei principali errori della mia vita, per il quale ho chiesto scusa anche a papa Francesco», dice oggi).
Un obiettivo su cui Damiano ha meditato a lungo, elaborando una piattaforma in 5 punti che ora vorrebbe diffondere – finanziatori permettendo – anche con un tour della sua associazione nelle principali capitali, a partire da Mosca, Kiev e Washington: «Coinvolgendo la popolazione e la stampa locale, sino ad arrivare a Gerusalemme come ultima meta>, dice. Perché «i nostri governanti hanno bisogno di sentire anche la voce di persone semplici, come me e altri, animate dalla forza della fede e che non vogliono vedere dolore e sangue, ma solo gioia. Sembra che l'uomo non riesca a fare a meno del male, ma ricordiamo che Gesù lo ha vinto per sempre».
«La pace è oggi più che mai il tema – dichiara Damiano –. I nostri rappresentanti politici non hanno saputo costruire una cultura autentica e incisiva della pace, tale da radicarsi nelle coscienze. Ormai ogni giorno si sentono i nostri governanti e i rappresentanti degli organismi sovranazionali, a partire dalla nostra Ue, usare pressoché esclusivamente un vocabolario bellico: si sente parlare di , si sente dire che o che la corsa ad armarsi è la principale forma di deterrenza. Dopo oltre due anni dall’invasione russa dell’Ucraina, e ora con quella in Palestina, non vi sono né vinti né vincitori (né si intravedono all’orizzonte), ma solo morti e distruzione. Ed è incredibile che, con l’unica eccezione delle parole coraggiose di papa Francesco, nessuno provi a ribaltare i ragionamenti. Non solo a parlare di pace in astratto, ma ad avviare azioni concrete per impostare una strategia della pace».
Da qui il germoglio dell’idea del presidente dei “Pescatori di pace”: «Ora vi è l'occasione vera – sostiene - per costruire un ministero della Pace in ogni governo, da affidare a uomini e donne altamente qualificati. Il ministro della Pace avrà poi l’obbligo di costruire iniziative pacifiste puntando sulla sussidiarietà e anche di creare una sua squadra di mediatori, pronti se necessario a supportare gli ambasciatori nelle varie “aree calde” del pianeta. Allo stesso modo, ogni governo locale, a livello di Regioni e di Comuni, dovrebbe istituire subito un assessorato alla Pace. Altro che ministri della guerra, vicini a lobby e interessi economici…». Oggi esistono solo iniziative sporadiche, come a Parma dove c’è un’assessora alla partecipazione con una delega generica anche alla pace. Manca, però, una rete organizzata, una sorta di “cabina di regia” per dar vita a un sistema nazionale strutturato di promozione della pace a ogni livello.
Il resto è strettamente collegato, quasi una diretta conseguenza: «L’Europa deve tornare a essere – prosegue la riflessione di Damiano - quella che fu creata dai padri fondatori: una comunità che risorgeva dalle ceneri della guerra mondiale per essere portatrice di pace. Restare membri della Ue è fondamentale, ma serve un nuovo spirito: l’Unione non può accettare che venti di guerra stiano sostituendo ogni logica di pace. Per questo, nella riforma istituzionale dell'Unione, ogni Paese deve preservare, ora più che mai, anche una sua autonomia, per non sentirsi vincolato ad aderire a qualsiasi tattica bellica stabilita a tavolino. Una Nuova Europa, non piccole Patrie».
E un continente, soprattutto, che rafforzi la via del dialogo multilaterale: «Anche e a maggior ragione con chi si è reso autore di violazioni gravissime del diritto internazionale. L’esclusione della Russia dai summit internazionali, così come le sanzioni, sono strumenti relativi che alla fine hanno scarsa efficacia, come stiamo vedendo. La realtà è che anche con una vittoria militare di Kiev non saremmo più sicuri. La pace può nascere solo tornando a dialogare fra tutti. Per questo sarebbe opportuno ripristinare il G7 come G8, cercando di farne una riunione di leader per la pace assoluta fra i popoli nel mondo».
Damiano ha avviato una serie di contatti per andare avanti in questo suo progetto. Non mancano ovviamente le difficoltà, ma lui non si arrende per ora: «Per paradosso, parlare di pace è più difficile oggi che sembrano prevalere l’allineamento al pensiero dominante del conflitto inevitabile e la tendenza ad alimentare le paure dei popoli, col loro potenziale di ulteriori violenze che possono innescare. Non possiamo stare però con le mani in mano, in balia degli eventi. Questo è tempo non di slogan, ma di provare a fare qualcosa per ridestare le coscienze. Noi vogliamo provarci, con la fede in Cristo».