Camera. Milleproroghe, il governo pone la fiducia. Nuova tensione su dl intercettazioni
Maggioranza avanti quasi solo a colpi di fiducia. Il governo ha posto la questione di fiducia alla Camera sul decreto-legge Milleproroghe. Lo annuncia nell'aula di Montecitorio il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D'Incà (M5s). Le dichiarazioni di voto sulla fiducia al Milleproroghe avranno inizio domani alla Camera alle 8,30. Dalle 10,10 sono previste le votazioni, mentre l'ultima chiama è prevista alle 11,30. È quanto deliberato dalla Conferenza dei capigruppo. E un'altra fiducia si avvicina: potrebbe arrivare nel pomeriggio (o domani) in Senato, dove in aula è atteso un altro decreto-legge, quello sulle intercettazioni, in queste ore al vaglio della commissione Giustizia. Una fiducia necessaria anche per scongiurare il nuovo tentativo di Forza Italia di inserire in questo provvedimento lo stop alla nuova "prescrizione lunga" voluta dal ministro pentastellato Alfonso Bonafede, questione che sta provocando le maggiori tensioni all'interno della maggioranza. Tensioni che infatti sono riesplose su un emendamento dell'ex presidente del Senato, Pietro Grasso (Leu), contestato dai renziani di Iv. Una modifica per il vero, a quanto pare, apportata dallo stesso Grasso, dopo un vertice di maggioranza svoltosi la scorsa settimana. Il nuovo testo dell'emendamento mira a recepire una sentenza interpretativa della Cassazione. In sostanza, consente sì di utilizzare come prova le intercettazioni svolte per indagini su altri reati, ma soltanto per i reati per i quali sono ammesse le intercettazioni stesse. Una variazione non ben vista da Iv che, però, si dice pronta a votare senza problemi il testo attuale. Infatti il capogruppo dei senatori di Iv, Davide Faraone, scrive su Twitter: «A scanso di equivoci noi votiamo la fiducia su dl intercettazioni come chiesto dal governo. Per cambiarlo serve il consenso di tutti. Chi forza a colpi di emendamenti spacca la maggioranza. Sì fiducia, no provocazioni».
Al di là di questi voti di fiducia, i rapporti nella coalizione restano da "allarme rosso" perché, dietro le smentite ufficiali, restano in piedi le voci sull'operazione dei "responsabili" per dar vita a un eventuale governo Conte-ter in cui verrebbe sostituita la componente renziana di Italia Viva (scenario ipotizzato soprattutto da Goffredo Bettini, lo stratega del segretario del Pd, Nicola Zingaretti). Nuove accuse al premier giungono dal presidente di Iv Ettore Rosato: «È lui che tutti i giorni cerca una maggioranza alternativa, ma ahimè non ci riesce. Le richieste che arrivano ai senatori per formare un gruppo del presidente Conte sono all'ordine del giorno, sono legittime e non sono mai state smentite».
Ai tavoli ufficiali di confronto sulla cosiddetta "Agenda 2023", tuttavia, i rapporti tra i vari partiti sembrano sulla carta migliori, anche se lunedì non è stato sciolto nemmeno il nodo delle modifiche - di cui si parla da molto tempo - ai due decreti salviniani sulla sicurezza. Oggi sono in programma gli ultimi due tavoli: alle 14 e 30 sull'Europa e alle 17,30 proprio sulle riforme della giustizia, il tema più divisivo.
L'opposizione lascia i lavori in commissione: maggioranza prepotente
«Ancora una volta siamo costretti a stigmatizzare l'atteggiamento prepotente della maggioranza che ieri
sera ci ha indotto ad abbandonare i lavori in commissione. La loro litigiosità e anche una certa impreparazione hanno portato alla presentazione di un nuovo pacchetto di emendamenti al Milleproroghe
in fretta e furia, a un mese di distanza dalla scadenza dei termini fissata per il 18 gennaio, dopo i numerosi rinvii che hanno caratterizzato l'esame del provvedimento». Così, in una nota congiunta, i capigruppo di opposizione in commissione Bilancio a Montecitorio, Andrea Mandelli (Forza Italia), Ylenja Lucaselli
(Fratelli D'Italia) e Giuseppe Ercole Bellachioma (Lega). «Non solo, perché ci è stato anche chiesto - aggiungono - di effettuare delle "votazioni lampo", così che il testo potesse andare oggi in Aula. È un comportamento inaccettabile che critichiamo con forza perché lesivo dei diritti delle opposizioni e dei singoli parlamentari che non possono essere ridotti a meri esecutori dei desiderata di una maggioranza divisa su tutto e che fa procedere i lavori parlamentari a singhiozzo», aggiungono.