Immobiliare. Il bluff della "rigenerazione" di Milano

Panorama di Milano
Un corto-circuito della speculazione edilizia. Che ha trasformato ogni spazio libero di Milano in un grattacielo con appartamenti da 10mila euro al metro quadro. Progetti a dir poco arditi, resi possibili da un quadro normativo soggetto a interpretazioni variabili, che sono finiti dentro il setaccio della magistratura. E’ qui che nasce il “pasticcio” del "Salva Milano", un rimedio che si è rivelato peggiore dei mali: ora il bilancio provvisorio - parla di due anni di inchieste, decine di cantieri bloccati, bufera su Palazzo Marino con l’arresto di un ex dirigente, Giovanni Oggioni, e le dimissioni dell’assessore alla casa Guido Bardelli.
Un terremoto che riporta indietro le lancette agli anni di Tangentopoli, a quella commistione tra politica e affari fatta di favori e corruzione. Ma che nasconde tanti dei paradossi, e delle ingiustizie, che segnano il mercato immobiliare delle grandi città capoluogo, quelle in cui i prezzi volano, gli interessi si moltiplicano e con essi il numero delle famiglie costrette a spostarsi.
I progetti immobiliari di Milano sotto la lente
Ma restiamo a Milano. La carrellata di palazzoni di lusso su cui indaga la Procura è variegata: dal Bosconavigli progettato da Stefano Boeri alla Torre Milano in via Stresa, dallo studentato in via Valtellina alle Park Towers di via Crescenzago, dall’Hidden garden sorto dentro un cortile in piazza Aspromonte all’albergo da 199 stanze dietro la Pinacoteca ambrosiana rimasto solo su carta.
Sandro Balducci, professore ordinario di Politiche urbane e pianificazione al Politecnico, per un breve periodo assessore nella giunta dell'ex sindaco Giuliano Pisapia, è convinto che da buone intenzioni, siano arrivati brutti risultati. « È una situazione complicata: si sono incrociati diversi problemi legati alla sperimentazione di innovazioni contenute nel piano di governo del territorio del Comune del 2012 e del 2019: l’indice unico di edificabilità che serviva per consentire l’acquisizione di aree per servizi ma ha innescato un mercato di trasferimento di diritti volumetrici anche importanti e l’indifferenza funzionale che consente di cambiare le funzioni di una determinata area». A complicare la situazione la legislazione nazionale, che ha favorito le ristrutturazioni in forma diversa di immobili già esistenti. « Non credo che si tratti di illegittimità e a questo punto comunque bloccare tutto non è la soluzione» aggiunge.
«Siamo di fronte a una dinamica puramente estrattiva, ad aspettative di rendita che generano un mercato immobiliare iniquo» è il giudizio severo di Alessandro Maggioni, presidente del Consorzio Cooperative Lavoratori di Milano (promosso da Acli e Cisl), e Confcooperative Habitat. «Massimizzare il profitto è l’unico obiettivo degli investitori che negli ultimi anni, dall’Expo in poi, hanno fatto rotta sulla città». Travolgendo e trasformando tutto quello che incontravano.
Per Marco Engel, presidente della sezione lombarda dell’Istituto nazionale urbanistica, il sistema Milano è frutto di precise scelte politiche, vale a dire del tentativo di riportare la città al suo massimo 1,8 milioni di abitanti raggiunto solo negli anni’70. «Visto che è sconsigliato il consumo di suolo si è puntato sulla ricostruzione di edifici esistenti. Ce ne sono molti ad esempio dentro i caseggiati, destinati un tempo ad attività artigianiali come meccanici, falegnami. Spazi che effettivamente devono essere ripensati e in alcuni casi sono stati trasformati in bar, ristoranti, persino in alloggi per studenti in quartieri come Bovisa». Il Comune era convinto di applicare le norme in modo corretto, come ha ribadito il sindaco Giuseppe Sala prima di “rinnegare” il ddl salva Milano, e ha rilasciato le autorizzazioni. Per la magistratura però quel meccanismo non era neutro: contestati episodi di corruzione, con professionisti e imprese privilegiati dai tecnici, e abusi edilizi e con conseguenti danni per le casse dell’amministrazione.
In via Valtellina uno dei cantieri fermati dalla Guardia di Finanza - Ansa
Una città da ripensare
I nodi sono venuti al pettine e le inchieste possono essere l’occasione per ripensare la città, modificando i piani di urbanizzazione e valutando i singoli interventi in base alle necessità dei quartieri. «L’amministrazione comunale si sta muovendo in questa direzione, correggendo l’estrema libertà che ha favorito gli operatori immobiliari e con il piano casa che ha come obiettivo la realizzazione di 10mila appartamenti in affitto in 24 aree a prezzi accessibili» commenta Balducci.
L’aumento dei prezzi delle case è insieme la causa e la conseguenza della speculazione: tra il 2015 e il 2021 il valore degli immobili è cresciuto del 41%, quello degli affitti del 22% mentre l’incremento dei redditi è stato del 13%, ma con forti disparità tra le diverse classi sociali. Milano è diventata una città per ricchi che espelle chi non può permettersela, un modello negativo basato solo sul profitto. « Il modello Milano però era un’altra cosa: l’impegno della classe borghese all’inizio del secolo che si poneva il problema di come elevare i ceti popolari o subalterni. Era la Milano “terra di mezzo” che accoglieva e ha creato il Politecnico e il Policlinico» sottolinea Maggioni.
A quel passato deve ispirarsi adesso la politica per uscire dalla logica dei permessi facili a chi ha soldi da investire. In che modo? Applicando il concetto di extra-profitti alle imprese che hanno fatto affari miliardari. «Sia a livello fiscale che urbanistico devono restituire alla città quanto hanno sottratto» dice il presidente di Confcooperative Habitat sottolineando che deve essere il pubblico a fare da regista. « Lasciare le mani libere ai privati con regole poco chiare ha avuto un effetto devastante, si deve puntare a reintrodurre l’edilizia convenzionata ordinaria e agevolata con piani specifici». Di case popolari ormai non si parla nemmeno più. « È stato totalmente distrutto il meccanismo di produzione di edilizia popolare e anche le cooperative edilizie sono in crisi» aggiunge Engel, ricordando che «l’ultimo piano decennale per la casa risale al 1978».
La Grande Milano
Non tutto però, concordano i tre esperti, può essere fatto dentro i confini di Milano. Serve uno sguardo più ampio che coinvolga il territorio dell’hinterland e un potenziamento del piano di trasporti.
«Se si esce dalla metropoli i prezzi si dimezzano: è ovvio che c’è un blocco di interessi che coinvolge gli operatori, gli agenti immobiliari e gli stessi proprietari di casa. Le vittime sono quelli che non riescono ad accedere alla città e restano tagliati fuori» conclude il professore del Politecnico. Il fatto è che Milano, dopo la pandemia, è diventata una città dalle case d’oro: soprattutto per gli investitori.
«Sono per lo più fondi stranieri che sono stati attirati dai prezzi di vendita elevati e hanno deciso di costruire qui perché, caso unico in Italia, le case vengono vendute a minimo 7-8mila euro al metro quadro» spiega ancora Engel. L’effetto densificazione non si è visto subito ma dopo qualche anno, anche perché le concessioni oggi hanno una durata di 18 anni e i cantieri sono partiti poco a poco. Molti progetti sono ancora fermi ai nastri.
«C’è stata qualche smagliatura con una carenza di controlli e di programmazione - conclude l’urbanista -. I progetti finiti sotto la lente sono diversissimi tra loro e con presunti abusi legati quasi sempre a irregolarità procedurali. Si è deciso di lasciare le maglie larghe e di trattare la città come un’unica macro- zona». Un esempio su tutti? Non c’è un limite di altezza per le nuove costruzioni, se non nel centro storico.