Giornata del rifugiato. «Ora una svolta dell'Unione Europea sui migranti»
Migranti in cerca di una vita possibile
C’è un numero senza precedenti che aleggia impietoso sulla Giornata mondiale del rifugiato, celebrata oggi: sono 82,4 milioni gli uomini, le donne e i bambini costretti a scappare dalle proprie case a causa di guerre, violenze e persecuzioni. E questo, sentenzia l’alto commissario nelle Nazioni Unite, Filippo Grandi, mentre «i leader mondiali sembrano incapaci o restii a fare la pace».
Solo negli ultimi tre anni, fa sapere Grandi, «circa un milione di bambini sono nati in esilio». Per i leader è arrivato il momento di «farsi avanti e lavorare insieme per risolvere le sfide globali». D’altra parte questa Giornata serve anche a «celebrare la forza d’animo dei rifugiati, coloro che hanno perso tutto, eppure vanno avanti, spesso portando le ferite visibili e invisibili della guerra e della persecuzione e l’ansia dell’esilio». Quando «gli è stata data la possibilità, sono corsi in prima linea nella risposta al Covid-19 come medici, infermieri, addetti alle pulizie, operatori umanitari, assistenti, negozianti, educatori e molto altro ancora, fornendo servizi essenziali mentre tutti insieme combattevamo il virus».
Una messaggio condiviso dall’alto rappresentante per gli Affari esteri dell’Ue e vicepresidente della Commissione, Josep Borrell, per il quale l’Unione «ha bisogno» di migranti, sia per «motivi umanitari» sia per rispondere alla «crisi demografica» del continente e mantenerne il «livello di benessere», per cui «l’esperienza comune» dell’Italia e della Spagna in questo ambito «dovrebbero servire come base» per «sviluppare una politica europea» sull’immigrazione, «che per molti anni non siamo stati in grado di costruire».
Dunque, aggiunge il presidente del Parlamento Ue, David Sassoli, è ora di «intervenire con pragmatismo per una grande iniziativa europea per il salvataggio in mare, per una regia di corridoi umanitari e per un ingresso regolare con una redistribuzione equilibrata che tenga conto delle necessità dei mercati del lavoro dei nostri Stati. Basta morire nel Mediterraneo, e basta vietare di entrare in Europa».
Davanti ai nostri occhi, racconta l’arcivescovo di Ferrara-Comacchio, Gian Carlo Perego, presidente della commissione Cei per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes, «quasi ogni giorno, vengono ripresentati i volti, le storie, le sofferenze e i drammi di chi cerca di attraversare il Mediterraneo, il Mare nostrum che sembra che l’Europa ignori, come dimostrano le morti sempre più numerose - oltre 700 dall’inizio del 2021 -, i respingimenti continui, le omissioni di soccorso, ma soprattutto gli abbandoni di persone al di là del Mediterraneo, in Libia».
Né va dimenticato, sostiene Perego, quanto avviene «alle porte di casa nostra, in Bosnia, che non può essere dimenticata in questa giornata dove affermiamo il diritto d’asilo, che però di fatto è ancora negato. In questo giorno si alza forte il grido per una nuova operazione europea di soccorso in mare che abbia l’Italia come protagonista e per un nuovo sistema di accoglienza europeo. Al tempo stesso, è urgente ripensare gli accordi con la Turchia e la Libia». Insomma, «uno scatto di umanità e di solidarietà sarebbe un segno di un’Europa che riparte e si rinnova dopo la pandemia proprio a partire dalla tutela dei richiedenti asilo e rifugiati».
Oggi, con quella siriana, la più grande comunità di rifugiati è palestinese: dei 13 milioni di cittadini, ben 5,6 milioni è costretto a vivere lontano da casa; in occasione della Giornata, la Caritas italiana ha voluto pubblicare il 68° Dossier con dati e testimonianze: "Una vita da rifugiati. Il conflitto israelo-palestinese e la tragedia di un popolo esule".
L’obiettivo dell’organismo pastorale Cei è «continuare a ricordare un conflitto che, se non risolto, non finirà di ferire il Medio Oriente e il mondo intero». Sono le stesse ragioni per le quali, «dinanzi a una vita in pericolo, il Cisom non si volterà mai dall’altra parte». Lo dice il presidente del Corpo italiano di soccorso dell’Ordine di Malta, Gerardo Solaro del Borgo. «Il Canale di Sicilia non può essere il mare della disperazione, vogliamo che sia mare di speranza, futuro, vita e umanità».