Migranti. “In Etiopia i giovani sognano l'Europa”
"Vivo in Etiopia da oltre 20 anni e la maggior parte dei ragazzi e delle ragazze che ho incontrato sogna di migliorare la propria condizione economica. Sanno che emigrare in Europa, anche a costo della vita, fa una differenza inimmaginabile e gli permette anche di cambiare la vita delle famiglie che restano a casa. Noi lavoriamo per ridar loro la speranza". Suor Nieves Crespo, una missionaria salesiana, in Etiopia dal 2002, racconta di un Paese ancora "pieno di campi profughi, soprattutto nella regione settentrionale del Tigray". Nel novembre 2020 l'inizio di un conflitto tra esercito e una milizia ribelle ha causato una crisi umanitaria che non è ancora rientrata: secondo l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), gli sfollati interni sono oltre due milioni, di cui il 65% causato dalle violenze, mentre il restante ha lasciato le proprie case per la povertà oppure eventi climatici avversi come siccità, inondazioni e invasioni di locuste, che distruggono raccolti e allevamenti. Tra loro, però, non solo etiopici ma anche rifugiati dalla vicina Eritrea.
"C'è tanta sofferenza, famiglie che non hanno nulla" dice suor Nieves, "noi lavoriamo soprattutto coi giovani: molti di loro sono ex combattenti o migranti di ritorno. Gli offriamo accompagnamento e istruzione affinché ritrovino la speranza e credano che anche nel loro Paese esistono delle opportunità". Altrimenti andrebbero a cercarle nei Paesi vicini - non sempre in pace - oppure in Libia, per tentare di raggiungere l'Europa attraverso il Mediterraneo, anche a costo di annegare.
Il Fondo che aiuta i giovani a restare
La missionaria spiega: "Per i rifugiati eritrei e per i giovani ad Addis Abeba abbiamo un progetto bellissimo, che comprende anche una casa famiglia per le madri sole". Finanziato dal Global Solidarity Fund e portato avanti da cinque congregazioni - i gesuiti, le suore di Madre Teresa, le orsoline, i salesiani e le salesiane - il programma ha offerto istruzione e accompagnamento al lavoro a centinaia di ragazze e ragazzi. C'è poi la casa famiglia, sottolinea suor Nieves: "Accogliamo le giovani madri coi bambini, a cui offriamo prima assistenza e inserimento professionale. L'accompagnamento continua anche quando trovano una sistemazione e un lavoro".
L'incontro a Roma sulle migrazioni
L'incontro con la missionaria avviene a margine del “Sister-led dialogue on migration” organizzato a Roma dall'Unione internazionale delle superiore generali (Uisg) che riunisce più di 1.900 superiore generali attive in 97 Paesi. "Il nostro obiettivo è dare voce alle suore del mondo, con l'obiettivo di trovare insieme soluzioni a problemi e temi complessi" dice in apertura della tavola rotonda Patricia Murray, segretaria esecutiva dell'Uisg.
Esponenti delle ong e delle agenzie delle Nazioni Unite si confrontano su un tema di "portata epocale", nell'anno in cui è stata raggiunta al cifra record di 110 milioni di rifugiati, secondo dati dell'Unhcr. "A 48 ore dal naufragio nel sud della Grecia del 14 giugno scorso, i sopravvissuti rinchiusi nei centri ancora aspettavano di sapere se i loro cari erano in altri centri o sulla lista dei morti o dei dispersi" denuncia Ahmad Al Rousan, mediatore culturale di Medici senza fronteire (Msf).
"Il nostro compito è proteggere le persone e i loro diritti e per farlo, non dobbiamo chiedere norme nuove bensì esigere che l'Ue e gli Stati membri applichino le leggi vigenti", l'appello di Valentina Brinis di Open Arms, tra le ong impegnate nel soccorso in mare.
In 70 salvati da mercantile
"Avete onorato ancora una volta quella legge del mare che prima che sui testi scolastici, ci hanno tramandato i nostri padri e i nostri nonni, e che nessun uomo o donna di mare può mai dimenticare. E l'avete fatto fino in fondo, assicurando l'arrivo delle persone soccorse in un porto dove non li attendevano torture o violenze, ma la dignitosa accoglienza come prevede la Convenzione di Amburgo e soprattutto l'umana coscienza". A scriverlo sono il comandante e il primo ufficiale della nave di soccorso civile Mare Jonio, Giovanni Buscema e Davide Dinicola, in una mail inviata al comandante della Calajunco, Manuel Arena, il tanker italiano che sabato scorso ha tratto in salvo una settantina di migranti in acque maltesi, dirigendosi poi verso il porto di Trapani, come da istruzioni fornite dal Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo di Roma.