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Migranti. Più sbarchi in Spagna che in Italia. Oltre 1.500 morti in mare nel 2018

Giampiero Bernardini venerdì 27 luglio 2018

Mentre in Europa i migranti vengono usati dai leader politici per raccogliere consensi da trasformare in voti e potere, la tragedia delle persone in fuga dai loro Paesi è sempre più epocale. Oltre alle guerre e alle dittature incapaci di dare pane e lavoro, le ultime notizie ci parlano di cambiamenti climatici in atto sempre più velocemente, con conseguenti carestie e fame (leggi anche questo articolo). L'esodo dei disperati,quindi, continua e si aggrava. Mentre da parte di Europa, Usa, Cina, Russia e altri grandi stati non c'è alcuna strategia reale di aiuto allo sviluppo per i Paesi dai quali si fugge. Alcuni sarebbero addirittura ricchissimi, come la Nigeria, eppure non offrono una speranza di vita decente e sicura per milioni di loro cittadini. È quanto fanno emergere, di fatto, anche gli ultimi dati resti noti dall'Oim, l'Organizzazione internazionale per le migrazioni.

Ma un dato spicca tra quelli dell'Oim: nel 2018 gli arrivi di migranti in Spagna (20.992 dall'inizio dell'anno) hanno superato quelli in Italia (18.130), confermando una tendenza in atti da inizio anno.

E la strage continua. Secondo l'Oim sono oltre 1.500 i migranti morti nel Mediterraneo dall'inizio dell'anno mentre tentavano di giungere in Europa. Nonostante le vittime siano in calo (1.504 tra uomini, donne e bambini, contro i 2.401 dei primi 7 mesi 2017) quest'anno resta uno dei più letali se si considera che «si sono registrate meno traversate».

Ad oggi poco più del 38% di tutti i migranti via mare è arrivato attraverso la rotta del Mediterraneo occidentale, il cui volume migratorio, sottolinea l'Oim, è più che triplicato rispetto ai primi sette mesi del 2017. Dal primo gennaio al 25 luglio, 55.001 migranti e rifugiati sono entrati in Europa, considerando anche il Mediterraneo orientale, via mare: si tratta di circa la metà rispetto agli 111.753 arrivi dello stesso periodo 2017. Paiono in calo i fuggiaschi da Siria e Iraq, dopo la fine del Califfato del Daesh, seppure la pace sia ancora lontana nel primo dei due Paesi in particolare.

I flussi e le rotte tendono a spostarsi con una certa velocità a seconda delle situazioni che vengono a stabilirsi. Ad esempio, in seguito agli accordi, seppure instabili, con il governo di Tripoli (che comanda però solo su una parte della Libia) presi dell'ex ministro Minniti lo scorso anno, i percorsi via mare hanno iniziato a spostarsi verso ovest.

A conferma di di ciò la notizia di oggi che la Spagna ha salvato salvato 751 persone su 52 barconi, soccorsi tra lo stretto Stretto di Gibilterra, mare di Alboran e Alicante. Ma è nell'area dello stretti che c'è maggiore "traffico", ben 709 persone si trovavano su gommoni e barconi in questa zona. Tre imbarcazioni sono state invece individuate nei pressi della costa di Alicante con 31 migranti a bordo. Navi ed elicotteri stanno ancora pattugliando il mare alla ricerca di altre carrette del mare.

Un sbarco è stato registrato anche in Sardegna. Sette algerini, tra i quali anche una donna e un bambino, sono stati intercettati dalla Guardia costiera su un barchino lungo sei metri a Sant'Antioco.

Il punto sull'odissea della Sorost 5

Prosegue nel frattempo l'odissea della nave tunisina Sarost 5 bloccata in mare da due settimane con 40 migranti senza riuscire a trovare un approdo. Ormai è emergenza grave. La Mezzaluna Rossa, dopo essere salita a bordo, ha reso noto che una donna incinta di sei mesi rischia di abortire.

«La delegazione dell'Unione europea in Tunisia segue da vicino la vicenda della nave». A dirlo è una portavoce della Commissione europea. «Seguiamo la questione con l'Oim, l'Unhcr e le autorità tunisine - continua - e in base alle informazioni di cui disponiamo, le persone a bordo sono state prese in carico e stanno ricevendo i primi aiuti sanitari e bisogna aspettare come le cose evolveranno». Si cercherà di verificare anche lo stato di salute delle persone e le condizioni complessive sull'imbarcazione.

Il capitano della Sarost 5, Ali Aiji, ha dichiarato con una chiamata alla radio tunisina Mosaique fm che le condizioni di salute dei migranti a bordo sono preoccupanti.

L'Ong Forum tunisino per i diritti economici e sociali (Ftdes) ha chiesto alle autorità di Tunisi di «rispondere alla richiesta di soccorso» dei 40 migranti, al fine di poter sbarcare al porto di Zarzis e ricevere gli aiuti medici e psicologici necessari.

In un comunicato, il Forum sottolinea inoltre la «difficile situazione umana» di questi migranti salvati dopo un guasto al motore alla loro imbarcazione, «costretti a navigare al largo di Zarzis sulla Sarost 5 cui non è stato permesso di entrare in porto, sebbene alcuni abbiano bisogno di cure mediche e psicologiche».

A bordo della Sarost ci sono profughi tra i 17 e 36 anni provenienti da Egitto, Bangladesh, Camerun, Senegal, Guinea, Costa d'avorio e Sierra leone. La situazione, dopo tutto questo tempo in mare, si fa sempre più difficile, sia dal punto di vista sanitario che psicologico. Preoccupa, soprattutto, la presenza di due donne incinte, una di sei mesi e un'altra di pochi mesi, come ha constatato la Mezzaluna rossa tunisina, che ha visitato la nave, portando cibo e medicine. Ed ha lanciato un sos: una delle due donne incinte «potrebbe perdere il bambino se non venisse evacuata o sbarcata immediatamente», ha appreso la ong Watch the Med, che ha creato una linea telefonica per migranti in difficoltà nel Mediterraneo.

Tra i profughi a bordo cresce lo scoramento. «Per favore aiutateci», è l'appello di una giovane di 26 anni, che ha raccontato di giornate interminabili mangiando «pane al mattino, a pranzo e a cena», senza sapere quando si toccherà terra. La ragazza ha trascorso l'ultimo anno e mezzo in Libia, reclusa in tre carceri diverse e picchiata. E dopo essere scappata da quell'inferno, sta vivendo un nuovo incubo.

La Sarost 5, nave di rifornimenti che fa capo all'omonima compagna del gas attiva principalmente in Tunisia, lo scorso 13 luglio ha soccorso un gruppo di 40 migranti, partiti dalla Libia, nella zona maltese di ricerche e salvataggio. Ma alla fine è rimasta al largo delle coste tunisine della città di Zarzis, perché non ha ottenuto l'ok allo sbarco. L'Italia, a quanto si apprende, non ha ricevuto una richiesta di aiuto dalla Sarost, ma è stata solo informata della vicenda dai paesi coinvolti, Tunisia e Malta. A Roma è stato chiesto se avesse delle unità in zona per l'eventuale soccorso, e non un porto, ma la risposta è stata negativa.