Migranti. Nature: parlare di "pull factor" è antiscientifico
I ricercatori hanno tenuto in conto, fra i molti fattori, arrivando a stabilire che “le politiche di respingimento hanno influenzato il flusso migratorio, ma che i periodi di ricerca e salvataggio non hanno prodotto una differenza discernibile tra il numero di tentativi di attraversamento osservato e quello controfattuale previsto”. Di conseguenza, non trova sostegno alcuno l’ipotesi che indica “la ricerca e il salvataggio come motore della migrazione irregolare”. Secondo Nature, “le operazioni di ricerca e salvataggio delle imbarcazioni che trasportano i migranti nel Mediterraneo centrale non sembrano influenzare il tasso di tentativi di attraversamento”. I risultati contraddicono le precedenti affermazioni secondo cui la presenza delle navi di soccorso, sia quelle delle organizzazioni umanitarie che i vascelli statali, “hanno portato a un aumento dei tentativi di attraversamento e a un maggiore rischio di morte per i migranti”. Il tratto di Mediterraneo tra il Nord Africa e l'Italia è una delle rotte più utilizzate da migranti, rifugiati e richiedenti asilo. Per arrivare a questa conclusione sono stati raccolti ed esaminati “i dati sul numero di tentativi di attraversamento, sulle imbarcazioni di ritorno in Tunisia e in Libia e sui decessi documentati dei migranti”. La base statistica è quella ufficiale: i dati messi a disposizione da Frontex, l’agenzia europea per la protezione dei confini, e quelli delle guardie costiere tunisine e libiche, incrociandoli con le informazioni dell’Oim, l’agenzia Onu per i migranti. I ricercatori hanno poi effettuato delle simulazioni per identificare i fattori che meglio hanno predetto le variazioni nel numero di attraversamenti osservati durante il periodo esaminato: numero di operazioni di ricerca e salvataggio condotte dallo Stato e da privati, i tassi di cambio delle valute, i prezzi internazionali delle materie prime, i tassi di disoccupazione, i conflitti, la violenza, il flusso del traffico aereo tra i Paesi africani, mediorientali ed europei e le condizioni meteorologiche.
Per gli autori dello studio approvato da Nature, è stato riscontrato come la presenza di soccorritori in mare “non incentiva ulteriori tentativi di attraversamento. Tuttavia, il numero di attraversamenti di frontiera sembra essere guidato da alcuni cambiamenti nell'intensità dei conflitti, nei prezzi dei prodotti di base e delle materie prime e dei disastri naturali, nonché dalle condizioni meteorologiche, dagli scambi valutari e dal traffico aereo tra Nord Africa e Medio Oriente e l'Unione Europea”.
Al contrario, se l'aumento delle attività della cosiddetta Guardia costiera libica “nell'intercettare e riportare in Libia le imbarcazioni a partire dal 2017” sembrano aver determinato una riduzione dei tentativi di attraversamento scoraggiando la migrazione, nella realtà la diminuzione delle partenze è invece coincisa “con le segnalazioni di un deterioramento della situazione dei diritti umani dei potenziali migranti in Libia, durante le intercettazioni e i rimpatri, nonché nei centri di detenzione”.
La teoria del "pull factor", fondata su interessi politici e ideologici, ne esce defnitivamente demolita dai ricercatori. Tuttavia proprio nel nome del contrasto al "fattore di attrazione" sono state imbastite le politiche del respingimento e del mancato soccorso in mare. Con il risultato di aver impedito il salvataggio di migliaia di vite senza avere minimamente intaccato il reale andamento dei flussi migratori, semmai aggravando gli abusi contro i diritti umani.