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Migranti. Russo (Cei): «La religione può fungere da elemento aggregante»

Redazione Internet venerdì 25 settembre 2020

“Fra le coppie di verbi proposte dal Santo Padre nel messaggio scritto in occasione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato che celebreremo fra due giorni, domenica 27 settembre, una – non a caso la prima – si adatta molto bene al mondo della ricerca: conoscere per comprendere”.

Lo ha detto mons. Stefano Russo, segretario generale della Cei, aprendo il convegno “La religione del migrante: una sfida per la società e per la Chiesa”, in corso presso il Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale della Santa Sede e promosso dall’Università Cattolica, in collaborazione con la Cei, alla vigilia della 106a Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Riferendosi alla ricerca su “Migrazioni e appartenenze religiose”, Russo ha affermato: “non solo la crisi dei rifugiati, ma anche i flussi umani che caratterizzano ormai da decenni l’immigrazione verso l’Italia e l’Europa hanno posto queste di fronte alla necessità di fare i conti con un duplice scenario sociale e religioso: quello, talvolta complesso, dei Paesi d’origine dei flussi migratori e quello, anch’esso delicato, dei Paesi di destinazione.

Questi ultimi, in particolare, sono chiamati a confrontarsi con un profondo cambiamento nella composizione etnica, linguistica e religiosa della propria popolazione residente”. In questo contesto, secondo Russo, la religione “può fungere da elemento aggregante, di dialogo e di cooperazione nella costruzione delle comunità”.

“Riconoscere che la dimensione religiosa è parte integrante della persona è essenziale affinché la società sia non accondiscendente ma giusta verso ogni uomo”. a

veva esordito il card. Angelo Bagnasco, presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee), nel suo saluto al convegn

. Secondo il cardinale, quando si parla di religione la prima parola che viene alla mente è tolleranza. “Personalmente preferisco parlare di rispetto poiché a ben vedere nessuno vuol essere semplicemente tollerato bensì rispettato”, ha osservato il presidente del Ccee: “Inoltre la tolleranza potrebbe essere intesa come una forma di neutralismo valoriale, quindi in fondo di disinteresse. In questo orizzonte il laicismo, che si dichiara tollerante, in realtà sarebbe piuttosto indifferente e poco rispettoso, nega la vera laicità il cui principio è scritto nel Vangelo e che pur non sposando alcun credo riconosce l’essere umano nella sua verità religiosa ed etica”.