Il caso. Migranti, Meloni contro la sentenza di Catania: un pezzo d'Italia rema contro
Da sinistra: Von der Leyen, Macron, Meloni
Ora lo scontro tra governo e magistratura sui migranti diventa frontale. Giorgia Meloni infatti interviene con durezza sulla recente sentenza del tribunale di Catania che ha "liberato" quattro migranti sbarcati a Lampedusa e trasferiti nel centro di Pozzallo: «Siamo di fronte a una pressione migratoria senza precedenti - scrive sui social la premier in prima mattinata -. Il governo italiano lavora ogni giorno per fronteggiare questa situazione e contrastare l’immigrazione illegale di massa». L'esecutivo, spiega Meloni, lavora «con serietà», coinvolgendo «gli altri Stati europei e stringendo accordi con i Paesi africani» e «con norme di buon senso per facilitare le espulsioni di chi non ha diritto ad essere accolto». Ma «tutto diventa molto più difficile - ecco l'affondo contro i magistrati - se nel frattempo altri Stati lavorano nella direzione diametralmente opposta, e se perfino un pezzo di Italia fa tutto il possibile per favorire l’immigrazione illegale».
Quale pezzo d'Italia? Meloni arringa: «Sono rimasta basita di fronte alla sentenza del giudice di Catania, che con motivazioni incredibili (le caratteristiche fisiche del migrante, che i cercatori d'oro in Tunisia considerano favorevoli allo svolgimento della loro attività) rimette in libertà un immigrato illegale, già destinatario di un provvedimento di espulsione, dichiarando unilateralmente la Tunisia Paese non sicuro (compito che non spetta alla magistratura) e scagliandosi contro i provvedimenti di un governo democraticamente eletto». Si tratta di un nuovo bivio nei rapporti tra esecutivo e giustizia: «Non è la prima volta che accade e purtroppo non sarà l'ultima. Ma continueremo a fare quello che va fatto per difendere la legalità e i confini dello Stato italiano. Senza paura», chiude Meloni. Il suo ragionamento politico lo conclude il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi confermando l'intenzione di impugnare la sentenza in Cassazione: «Dalla lettura dell'atto siamo convinti che abbiamo ragioni da sostenere».
LA RISPOSTA DELLA MAGISTRATURA E LA POLEMICA CON LA LEGA
A distanza di ore dalla presa di posizione della premier, arriva la replica del presidente dell'Associazione nazionale magistrati di Catania, Alessandro Rizzo: «L'Anm di Catania esprime una posizione ferma e rigorosa a tutela della collega Iolanda Apostolico, persona perbene che ha lavorato nel rispetto delle leggi, e respinge con sdegno le accuse a lei rivolte. Il rapporto tra potere esecutivo e giudiziario andrebbe improntato a ben altre modalità». E ancora: «Quelle che abbiamo letto sono parole sbagliate per toni e contenuti e non sono consone ai rapporti tra magistratura ed esecutivo. La magistratura esamina i ricorsi anche contro provvedimenti dell'autorità amministrativa e li decide sulla base delle leggi. La magistratura - conclude - si occupa spesso di cose che hanno ricadute politiche, ma ciò non può legittimare la convinzione che dietro le decisioni dei giudici ci siano motivazioni politiche e che la magistratura faccia politica». Ma Apostolico resta sotto accusa. In particolare, il vicesegretario leghista Andrea Crippa ripesca post della magistrata in cui avrebbe chiesto la sfiducia a Salvini ai tempi in cui era ministro dell'Interno. «A processo ci dovrebbe andare Apostolico, non Salvini», alza ulteriormente i toni Crippa. Ma la stessa magistrata prende la parola per cercare di attenuare le polemiche: «Non voglio entrare nella polemica, né nel merito della vicenda. Il mio provvedimento è impugnabile con ricorso per Cassazione, non devo stare a difenderlo. Non rientra nei miei compiti. E poi non si deve trasformare una questione giuridica in una vicenda personale».
SCHLEIN: LA PREMIER CERCA NEMICI
Insomma, la premier inserisce anche la sentenza di Catania in quella "teoria del complotto" per cui dall'interno del Paese si cerca di boicottare l'azione del governo. Se sul versante economico ci sarebbe, secondo Meloni, chi prova a usare la leva dello spread per arrivare a un esecutivo tecnico, sul tema-migranti sarebbe la giustizia a muovere le sue pedine in chiave antigovernativa. E la segretaria del Pd Elly Schlein reagisce: «Meloni la smetta di alimentare lo scontro istituzionale che danneggia il Paese. La smettano di cercare un nemico al giorno per nascondere le proprie responsabilità. Se cercano responsabili del disastro sull’accoglienza si guardino allo specchio e non se la prende con i giudici che fanno il loro lavoro. È la destra che ha messo la firma su tutte le leggi che hanno prodotto questo caos, è la destra che non ha mai contrastato il regolamento Dublino lasciando l’Italia più sola, per allearsi con Polonia e Ungheria che di solidarietà non ne vogliono sapere».
IL FATTO ALL'ORIGINE DELLE POLEMICHE
Il fatto cui fa riferimento Meloni, che ha sollevato un grosso dibattito nei giorni scorsi, è la decisione con cui il tribunale di Catania ha sconfessato il recente decreto approvato in Consiglio dei ministri che prevede la possibilità per i migranti, provenienti dai Paesi considerati "sicuri", di versare quasi 5mila euro di cauzione per evitare di essere trattenuti in centri dedicati. I giudici, ritenendo il provvedimento illegittimo e in contrasto con la normativa europea, hanno accolto il ricorso di una persona migrante, di origini tunisine, sbarcata il 20 settembre a Lampedusa e portata nel nuovo centro di Pozzallo, e ha disposto la sua 'liberazione'. A seguire, sulla stessa scia, sono stati dichiarati illegittimi i trattenimenti di altre tre persone con la stessa condizione giuridica.