Attualità

Migranti. Stop alle motovedette italiane alla Tunisia (che ora però ha la sua area Sar)

Luca Liverani giovedì 20 giugno 2024

Soccorso in mare della Geo Barents, la nave di Medici senza frontiere

Si amplia il processo di esternalizzazione delle frontiere. All'azione di repressione dell'emigrazione da parte delle milizie libiche - da anni sostenute dai memorandum di intesa con l'Italia nonostante le denunce internazionali di violazioni dei diritti - ora si aggiungerà quella della Tunisia. Il governo tunisino ha infatti annunciato ufficialmente di avere istituito la sua Area di Ricerca e Soccorso in mare (Sar). Una zona al largo delle coste tunisine, ben oltre le acque territoriali, che estende la responsabilità della guardia costiera locale, alle dipendenze dalla Guardia Nazionale, nel coordinare le operazioni di soccorso per i migranti provenienti non solo dalla Tunisia ma dai paesi dell'Africa subsahariana. Rischiando di ridurre, di fatto, l'area di competenza italiana.

L'istituzione della zona SAR certifica le procedure di soccorso già da tempo avviate, ma espande notevolmente l'area di competenza dei militari tunisini. La zona Sar tunisima nella sua parte settentrionale ora si estende dall'area prospiciente Marsala, Sicilia occidentale, fino al Sud della Sardegna, davanti alla regione del Sulcis. L'Unione Europea al governo tunisino ha infatti promesso risorse e finanziamenti per sostenerlo nelle missioni marittime, formalmente di soccorso, di fatto di repressione dell'emigrazione verso l'Europa. Questa nuova disposizione è stata formalizzata tramite una comunicazione alla International Maritime Organization, con il Centro di coordinamento del soccorso marittimo (Mrcc) di Tunisi designato come punto di riferimento.

L'azione di sostegno europea, in particolare quella italiana, però ha trovato un'ostacolo. Il Consiglio di Stato ha infatti accolto l'istanza cautelare su azione di diverse realtà della società civile italiane. Lo stop temporaneo in attesa di sviluppi riguarda l'invio di sei motovedette italiane ai militari tunisini. Il ricorso al Tar contro il trasferimento di mezzi navali era stato presentato da Asgi, Arci, ActionAid, Mediterranea Saving Humans, Spazi Circolari e Le Carbet. A fine maggio il ricorso era stato rigettato dal Tribunale amministrativo. Per il mese di giugno era previsto quindi l'invio dei primi sei mezzi. Ma le organizzazioni hanno impugnato la sentenza del Tar presso il Consiglio di Stato, chiedendo d'urgenza la sospensione cautelare.

L'area Sar di competenza di Tunisi - .

«Come sostenuto anche dalle Nazioni Unite, fornire motovedette alle autorità tunisine vuol dire aumentare il rischio che le persone migranti siano sottoposte a deportazioni illegali», chiariscono Maria Teresa Brocchetto, Luce Bonzano e Cristina Laura Cecchini del pool di avvocate che segue il caso. Le violazioni dei diritti umani commesse dalle autorità tunisine, sostengono le Ong, sono gravissime, arrivando a respngimenti in pieno deserto che hanno causato la morte di donne e bambini. «Alla nuova ondata di arresti e deportazioni nei confronti delle persone migranti ora si affiancano persecuzioni contro gli attori della società civile che le sostengono» dichiara Filippo Miraglia di Arci, »tuttavia le politiche italiane ed europee sembrano sostenersi e giustificarsi a vicenda, impermeabili agli allarmi lanciati dalle Nazioni Unite e dalle Ong internazionali che condannano unanimemente l’operato delle autorità tunisine».

Il Tar del Lazio aveva ritenuto legittimo l’accordo, considerandolo in linea con le decisioni prese a livello comunitario - vedi il Memorandum del 16 luglio 2023 tra UE e Tunisia - e nazionale, e la conferma della Tunisia quale "Paese di origine sicuro" dopo l'istruttoria condotta dal governo italiano con la Tunisia. Ora, l’accoglimento da parte del Consiglio di Stato dell’istanza cautelare rovescia la situazione: il massimo giudice amministrativo ha infatti ritenuto «prevalenti le esigenze di tutela rappresentate da parte appellante», sospendendo il trasferimento delle motovedette alla luce delle possibili violazioni che tale atto può comportare.

«Le deportazioni di massa, gli arresti arbitrari e le violenze ai danni delle persone migranti dimostrano che la Tunisia non può essere considerata un luogo sicuro di sbarco. Come per la Libia, le autorità tunisine non possono quindi essere considerate un interlocutore nelle attività di soccorso» commenta Lorenzo Figoni di ActionAid Italia. La sospensione del trasferimento delle motovedette ora consentira all'autorità giudiziaria di valutare la legittimità dell'atto «prima che possa produrre effetti dannosi. Alla luce della documentazione depositata, riteniamo la Tunisia un porto non sicuro» conclude Laura Marmorale, presidente di Mediterranea Saving Humans.