Reportage. Calabria, con i volontari che accolgono i migranti
Antonio Maria Miradomenica 26 giugno 2016
Dopo lo sbarco di 745 migranti, sabato mattina, nel porto di Reggio Calabria, continuano le operazioni di salvataggio nel Mediterraneo. Oltre 1.100 persone sono state soccorse in poche ore oggi nel Canale di Sicilia, in sei distinte operazioni coordinate dalla Guardia costiera. E per domani mattina, martedì, è attesa a Vibo Valentia una nave della Marina Militare con a bordo 763 profughi soccori nel Canale di Sicilia e al largo delle coste libiche. È uno degli sbarchi più consistenti nella cittadina calabrese, il terzo dall'inizio dell'anno. A bordo c'è anche il cadavere di un uomo che ha perso la vita lungo la traversata. Del gruppo fanno parte 153 donne, di cui una al nono mese di gravidanza, e 71 minori.
L’ultimo sbarco di 745 migranti a Reggio Calabria ha gli occhi prima sgomenti e poi sorridenti di una bimba nigeriana di 3 anni, mentre scende da nave Vega in braccio a un marinaio stringendo un orsacchiotto Winnie the Pooh. Ha la tenerezza di un uomo senegalese che cinge col braccio la moglie incinta e dice merci, grazie, ai soccorritori. Ha la forza delle mani dei volontari unite nella recita dei 'Padre nostro', che segna l’inizio di questa lunga giornata di accoglienza. «Affidiamo al Signore questi nostri fratelli, augurando loro il bene che cercavano. E a noi di accoglierli sempre con la gioia nel cuore e il sorriso sempre sulle labbra», dice Bruna Mangiola, scout del Masci e responsabile del Coordinamento ecclesiale sbarchi della diocesi.
Sono qui in 30 dalle 7 dopo la faticosa giornata di sabato con l’arrivo di 400 migranti. Un po’ di riposo e poi di nuovo in banchina. Ci sono scout dell’Agesci e del Masci, volontari della Papa Giovanni XXIII, di S.Egidio, del Cvx, della Caritas, Suore Scalabriniane e della Carità di S. Giovanna Antida Thouret. «Ma anche tanti volontari di nessuna associazione, anche di fuori Reggio – ci spiega Bruna –. Ieri al corso di formazione hanno partecipato in più di cento e abbiamo sempre più persone che si offrono. Che bello!», aggiunge sorridente. Ma altri offrono cose e soldi, l’anno scorso 17mila euro. I volontari operano fianco a fianco, in perfetta collaborazione con le donne e gli uomini della Prefettura, della Questura, dei Servizi sociali. E poi ancora Croce rossa, Protezione civile, medici. «Siamo una grande famiglia – commenta Giovanni Fortugno della Papa Giovanni –, possiamo essere orgogliosi di quello che facciamo». E questo è molto importante perché Reggio Calabria è diventata uno dei punti principali per gli sbarchi: 17.700 persone nel 2015 e già 9mila quest’anno. Un impegno che va oltre l’accoglienza al porto. Perché alcune storie drammatiche si risolvano. Come quella di un bimbo di 4 anni del Camerun arrivato da solo. «La mamma con altri due figli non è riuscita a imbarcarsi – ci racconta ancora Giovanni –. È riuscita a far salire solo lui su un barcone, affidandolo a una signora. Lei non ce l’ha fatta ed è rimasta in Libia. Ora ci stiamo attivando per verificare se riuscirà a imbarcarsi in un secondo tentativo. Perché vogliamo assolutamente che il piccolo si ricongiunga con la mamma». Intanto sarà ospitato nella 'Casa dell’Annunziata' della Papa Giovanni a Reggio Calabria. E sono davvero tante le donne e i minori in questo sbarco, 152 e 78. E dieci donne sono incinte. Sono loro i primi a scendere dal pattugliatore d’altura, accompagnati con grande attenzione dai marinai e affidati ai volontari. Una mamma, con due figli di 3 e 5 anni, sta per partorire e viene portata all’ospedale ma c’è tempo per una doccia preparata dagli scout (l’acqua è scaldata con un pannellino solare). A dare una mano due suore e alcune volontarie. Ce n’è anche una musulmana. Scherzano coi bambini. «L’ho conquistato, siamo diventati amici», sorride Noemi mentre veste il maschietto. La bimba guarda contenta i vestitini puliti e ancor di più quando la volontaria le mette il lucida labbra. Piccoli gesti di amore, come il 'ciao, ciao' di Bruna ai migranti mentre la nave attraccava. Ma c’è anche da combattere gli sfruttatori. Così ecco sbarcare i presunti scafisti. Sono 5: due egiziani e un marocchino, un senegalese, un nigeriano, tutti molto giovani, ci spiegano gli uomini della Polizia. Dopo l’identificazione saranno messi a disposizione dell’autorità giudiziaria. Tutti gli altri, in gran parte subsahariani, si mettono ordinatamente in fila per un primo screening medico. I volontari consegnano succhi di frutta, acqua, merendine. Poi vengono numerati e fotografati. Li attende un lungo viaggio in pullman. Andranno, scortati, in Piemonte, Lombardia, Trentino, Veneto, Campania e Puglia. È il momento del bilancio. «Mi porto a casa un bagaglio di speranza – ci dice Bruna –, i loro occhi, la loro sofferenza. Mi sono ricaricata d’amore». Intanto due bimbi si divertono suonando delle trombette giocattolo. Uno mi guarda. Sorrido e lui sorride. Basta così poco...