Ci sono anche esponenti politici italiani ed europei tra i soggetti su cui la Corte penale internazionale potrebbe avviare un’inchiesta per “crimini internazionali”, commessi durante le operazioni di intercettazione nel Mediterraneo centrale e nei campi di prigionia in Libia.
Integrando una denuncia che era stata presentata un anno fa alla Corte penale, il Centro europeo per i diritti Umani e Costituzionali (European Center for Constitutional and Human Rights, Ecchr) ha fornito agli investigatori nuovi elementi per ricostruire la filiera degli «atroci crimini commessi contro migranti, rifugiati e richiedenti asilo nel contesto libico».
Alcune settimane fa proprio da Tripoli il procuratore internazionale Karim Khan aveva annunciato la richiesta di mandati di cattura internazionali nei confronti di soggetti accusati di crimini di guerra e contro i diritti umani. La nuova denuncia estende la portata della precedente comunicazione alla Corte penale (Cpi) giudicata del novembre del 2021 e firmata da Ecchr insieme alla Federazione Internazionale dei Diritti Umani (Fidh), dall’organizzazione libica degli “Avvocati per la giustizia” (Lfjl). Venivano ricostruite «le responsabilità per presunti crimini contro l'umanità commessi nei confronti dei migranti nei vari campi di detenzione in territorio libico e il loro sfruttamento sistematico», spiega Chantal Meloni, docente associato di Diritto penale internazionale all’Università Statale di Milano e consigliere legale senior di Ecchr.
Il centro europeo per i diritti umani e costituzionali chiede di indagare sulla responsabilità penale individuale «di funzionari di alto livello degli Stati membri dell'Ue e delle agenzie dell'Ue in merito a molteplici e gravi privazioni della libertà personale». Tra i presunti coautori figurano esponenti politici ed ex ministri, come «gli ex ministri dell'Interno italiani, Marco Minniti e Matteo Salvini, l'attuale e l'ex primo ministro di Malta, Robert Abela e Joseph Muscat, l'ex Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, l'ex direttore esecutivo di Frontex, Fabrice Leggeri, nonché membri dei Centri di Coordinamento del Soccorso Marittimo italiano e maltese e funzionari di Eunavfor Med e del Servizio europeo per l'azione esterna (Seae)». Secondo l’esposto le condotte contestate potrebbero venire qualificate dalla procura internazionale sotto vari profili, compreso il reato di favoreggiamento nelle attività volte a intercettare migranti e rifugiati in mare per poi riportarli in Libia.
Commentando la notizia con il Guardian che aveva anticipato il deposito dell’esposto, Marco Minniti ha detto: “Non so della denuncia. La valuterò, come gli altri ministri dell’Interno dal 2017 ad oggi. All’epoca, l’accordo era stato firmato dal presidente del Consiglio italiano, Gentiloni, e dal suo omologo, al-Sarraj. Quindi, da tutti i registri, sembra che io non sia il firmatario”.
Nelle 180 pagine consegnate all’Aja vengono introdotti ulteriori «elementi fattuali e giuridici sulle operazioni con cui migranti e rifugiati vengono intercettati in mare e riportati in Libia. La denuncia - chiarisce la professoressa Meloni - giunge alla conclusione che le operazioni con le quali i migranti vengono intercettati nel Mediterraneo e riportati in Libia, spesso dalla cosiddetta. Guardia Costiera Libica con il coordinamento di attori europei, costituiscono di per sé crimini contro l'umanità».
In altre parole, quelle svolte in mare non sono operazioni di soccorso, ma «crimini contro l'umanità sotto forma di grave privazione della libertà personale» secondo lo Statuto di Roma, l’atto fondativo della Corte penale dell’Aja.
Vengono esaminati 12 casi di intercettazione in mare e successiva reclusione nei campi di prigionia libici dal 2018 al 2021. In tutti gli episodi esaminati emerge anche da documenti ufficiali la la cooperazione tra le agenzie dell'Unione europea (in particolare la Commissione europea, Eunavformed e Frontex) e gli Stati membri (tra cui Italia e Malta) con gli attori libici, sia a livello politico che operativo, nella piena consapevolezza che le persone verranno poi ricondotte contro la loro volontà in strutture di reclusione nelle quali vengono commessi quelli che le Nazioni Unite più volte hanno definito «orrori indicibili».
Dal 2016 le agenzie dell'Ue e gli Stati membri hanno potenziato lo sviluppo delle capacità e le attività di supporto alle varie agenzie libiche «fornendo finanziamenti, motovedette, attrezzature e formazione, nonché partecipando direttamente a singole operazioni di intercettazione in mare, ad esempio fornendo informazioni sulla posizione delle imbarcazioni in pericolo», si legge nell’esposto.
«Il trattamento disumano e le condizioni di detenzione di migranti e rifugiati in Libia sono ben noti da molti anni. La Libia non è un luogo sicuro per migranti e rifugiati. Il diritto marittimo internazionale prevede che le persone soccorse in mare debbano essere sbarcate in un luogo sicuro. Nessuno dovrebbe essere riportato in Libia», afferma Andreas Schueller, direttore del programma sui crimini internazionali di Ecchr.
Oltre ad ottenere documentazione ufficiale, il Centro europeo per i diritti umani e costituzionali ha esaminato le informazioni provenienti da svariate altre fonti, tra cui Initiative Watch the Med - Alarm Phone, Open Arms, Border Forensics, Frag den Staat e Human Rights Watch, «oltre a diversi giornalisti d’inchiesta che hanno fornito informazioni cruciali sulla collaborazione tra gli attori libici e i funzionari delle agenzie dell'Ue e degli Stati membri e sulla complessa rete di attori coinvolti congiuntamente negli aspetti relativi alla gestione delle frontiere». Ulteriori informazioni sono state raccolte e analizzate «da rapporti pubblici attendibili e da dati pubblicamente accessibili».
Tra le figure segnalate alla procura vi sono anche «l'ex primo ministro del Governo di accordo nazionale libico (Gna), il ministro degli Esteri, il ministro degli Interni, il vice primo Ministro, l'ex e l'attuale ministro della Difesa, l'ex e l'attuale Capo della direzione per la lotta alla migrazione illegale (Dcim)», oltre membri di milizie e gruppi armati che operano formalmente sotto le autorità libiche, e l'equipaggio delle navi mercantili libiche coinvolte nelle intercettazioni illegali.