Migranti. Perego (Migrantes): regoliamo i flussi di stranieri con realismo
Da circa 25 anni, dibattito politico e campagne elettorali sono animate dalle questioni migratorie, spesso strumentalizzate. L’attenzione in Italia si focalizza soprattutto sull’emergenza mentre le riforme ormai urgenti per favorire occupazione e integrazione e valorizzare le persone, restano al palo. Ne parliamo con l’arcivescovo di Ferrara Giancarlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes della Cei.
Dobbiamo aspettarci ancora delle settimane all’insegna dell’emergenza sbarchi?
In estate, negli ultimi anni, gli arrivi sono cresciuti. Rispetto agli anni più difficili – 2015, 2016 e 2017 – con l’arrivo in Italia di 38mila persone nel 2022, ma anche rispetto all’esodo dall’Ucraina con 2 milioni di profughi in Polonia, 900mila in Ungheria e 600mila in Romania, l’allarme degli arrivi nel Mediterraneo mi pare sovradimensionato. Certo, 40mila persone diventano un’emergenza se il filtro degli sbarchi dalle coste africane è una piccola isola come Lampedusa, con un unico centro di accoglienza da 300 posti. Mi pare positiva – forse bisognava prenderla prima – la scelta di far stazionare permanentemente una nave per smistare gli arrivi.
Da dove provengono i profughi partiti dal nord Africa?
Da Africa e Medio oriente, da Siria, Bangladesh e Pakistan, Paesi con guerre ed emergenze gravi. E da Tunisia ed Egitto, due Paesi nordafricani colpiti più di altri dalle conseguenze della guerra in Ucraina. Quindi, far sì che queste persone arrivate in numero limitato possano trovare subito accoglienza e tutela credo sia il primo impegno che l’Italia, confine d’Europa, debba prendere e al tempo stesso condividere con i partner europei. Con 21 Paesi, lo smi- stamento e una responsabilità solidale nell’accoglienza sono stati condivisi nell’ultimo accordo.
Accordi europei, però, sempre frenati nell’attuazione.
C’è stata l’emergenza Ucraina, ma comunque l’accordo ha bisogno di passi e impegni concreti. Se dall’Africa arrivano 40mila persone a fronte dei 100 milioni di rifugiati di tutto il mondo del 2021, secondo i dati dell’Unchr, non serve un impegno straordinario dell’Ue. Accanto agli accordi di ripartizione e di rimpatrio di chi non ha diritto alla protezione occorrono, però, accordi di cooperazione allo sviluppo con l’Africa. Grazie a questi, ad esempio, l’anno scorso oltre 3mila persone della Costa d’Avorio bloccate in Libia sono state rimpatriate con progetti di formazione di impresa. Un maggiore impegno nella cooperazione allo sviluppo dovrebbe essere prioritario rispetto agli armamenti. Nel 2022 c’è stato invece un pesante investimento di 18 miliardi in armi in Italia, ma non c’è stato lo stesso impegno per la cooperazione.
Cosa ci ha insegnato la crisi ucraina in tema di accoglienza?
A fronte di 9 milioni e mezzo di profughi dall’Ucraina, abbiamo visto come ci sia la possibilità di accoglienza nella Ue per richiedenti asilo e rifugiati. Credo poi che l’Italia abbia dimostrato una debolezza di sistema. Abbiamo la più grande comunità ucraina d’Europa – 250mila persone – eppure sono arrivate 140mila persone, di cui già 20mila rientrate o andate in altri Paesi. In Germania vivono 150mila ucraini e ne sono arrivati 800mila. Dobbiamo quindi interrogarci su un sistema incentrato su grandi strutture centralizzate e non sull’accoglienza diffusa che responsabilizzi Comuni, parrocchie e società civile. Domandiamoci se non sia il caso finalmente di cambiare valorizzando una risorsa importante come i richiedenti asilo, evitando 'limbi' come nel caso dei primi 4 mesi per gli ucraini. La protezione temporanea diventi da subito risorsa per la formazione e l’inserimento lavorativo per tutti coloro che giungono nel nostro Paese da situazioni drammatiche. Il nostro Paese ha forte necessità di lavoratori per attività quali agricoltura, artigianato, imprese edili, commercio, turismo.
Non è tempo di aggiornare la disciplina degli ingressi di migranti economici?
Sì, abbiamo una legge obsoleta che non governa il fenomeno e siamo forse l’unico Paese europeo che non riesce a far incontrare domanda e offerta di lavoro. Ogni anno quindi si ingrossa l’area del lavoro nero, dei permessi di soggiorno 'turistici' che si trasformano in occupazione irregolare e che hanno generato ancora 500mila immigrati irregolari, in una situazione di insicurezza e di disagio sociale ed economico. In attesa del cambiamento legislativo, occorre stabilire quote con valutazioni di governo e imprese. La Bossi-Fini è nata alla fine del ’900 nell’ambito di un mondo migratorio con 500mila persone temporaneamente presenti, mentre oggi sono più di 5 milioni stabili. Serve un governo realistico dell’immigrazione, al di là di slogan e letture che spesso rendono incapaci di valorizzare una risorsa necessaria. Il Papa lo ha detto nel messaggio per la Giornata del migrante e del rifugiato di quest’anno, che celebreremo il 25 settembre prossimo, dobbiamo costruire con loro il futuro, un paese nuovo dove le regole su lavoro e la tutela della famiglia e della cittadinanza siano diverse.
Anche la legge sulla cittadinanza ha 30 anni e ancora una volta lo scioglimento anticipato delle Camere ha bloccato la riforma...
Ragione e realismo devono guidare anche la riforma della cittadinanza, che non nasce in un ufficio. Lo Ius scholae, come lo Ius culturae, metteva al centro la scuola : il 65% degli studenti della primaria e l’80% della scuola d’infanzia sono nati in Italia. Si tratta di costruire percorsi di partecipazione attiva delle realtà di città e territori facendoli innamorare di un Paese che può diventare la terra del futuro. Come diceva Benedetto XVI, la cittadinanza è un atto di intelligenza e cultura.