Migranti. Allarme dalla Libia: 170 dispersi vicino alla costa
La pratica del 'pargheggiamento' è ormai una tattica consolidata lungo la rotta che collega le coste egiziane all’Italia. E differenzia le prassi dei trafficanti egiziani rispetto a quelli libici. «Per raggiungere l’Italia dalla Libia basta una giornata di navigazione prima che l’imbarcazione venga intercettata da Mare Nostrum », sottolinea Fulvio Vassallo Paleologo docente di diritto d’asilo all’università di Palermo. Per affrontare il viaggio può bastare una piccola imbarcazione scoperta o persino uno di quei gommoni carichi all’inverosimile. «Su questa rot- ta, più breve e relativamente più semplice, rispetto a quelle egiziana ci sono anche scafisti improvvisati – spiega Vassallo Paleologo –. Reclutati tra gli stessi migranti, cui si risparmia il pagamento del viaggio».
Diversa è la situazione lungo la rotta egiziana, prosegue il docente palermitano. La navigazione può durare anche 8-10 giorni: per affrontarla servono marinai esperti e imbarcazioni più grosse, spesso pescherecci d’altura con equipaggi numerosi composti da pescatori e mozzi, in molti casi minorenni. Far partire questi pescherecci direttamente dalla costa sarebbe troppo pericoloso per i trafficanti. Il 'parcheggiamento' in acque internazionali rappresenta la soluzione ideale per non essere scoperti. «Le navi restano ferme al largo per giorni. Talvolta solo due o tre giorni ma si può arrivare anche a dieci – denuncia un’attivista siriana che, per motivi di sicurezza, chiede l’anonimato –. È molto difficile tenere i contatti con loro, i cellulari non prendono». Impossibile quindi lanciare l’allarme in caso di pericolo o se la nave minaccia di affondare. Uomini, donne e bambini restano in alto mare per giorni, sotto il sole, con pochissima acqua e quasi senza cibo. Un’attesa che non sfianca i trafficanti: il loro obiettivo è massimizzare il profitto e si parte solo quando il 'carico' è completo. Da qualche giorno, sulla rete, circolano le immagini riprese con il telefonino da un giovane siriano arrivato da poco in Italia. Immagini mosse, sgranate eppure spaventose. Le due imbarcazioni, pericolosamente accostate, si avvicinano e si allontanano tra loro seguendo il moto ondoso. Vanno a sbattere con violenza. Uno dopo l’altro, uomini e donne ammassati sull’imbarcazione più piccola prendono lo slancio per superare il parapetto e saltare sulla nave più grande. Si sentono urla, esortazioni, grida e pianti dei bambini che vengono quasi lanciati da una barca all’altra.