Dopo mesi di indagini, polemiche, ordinanze e manifestazioni, è andato in scena al Palazzo di Giustizia di Torino il primo atto del processo al cosiddetto “metodo Stamina”, o meglio al suo controverso ideatore Davide Vannoni, accusato di truffa alla Regione Piemonte.
“Voglio dimostrare che Vannoni faceva tutt’altro rispetto al campo scientificio – ha detto il pm Giancarlo Avenati Bassi -, ma non solo: che quello che faceva ha lasciato uno strascico documentale mentre quello che si è inventato non ha lasciato assolutamente niente”. I legali di Vannoni hanno subito chiesto il rinvio dell’udienza o il suo svolgimento a porte chiuse visto che Vannoni è candidato alle elezioni europee (con la lista “Io cambio” che si autodefinisce “Movimento di partecipazione popolare”).
Entrambe le richieste sono state però respinte dal giudice. Il processo in realtà non riguarda le vicende più recenti, quelle – per intenderci – che hanno portato alla ribalta il “metodo” col quale Stamina asserisce di poter trattare malattie sinora inguaribili (come Sla, Sma e altre sindromi a base genetica) tramite infusione di un preparato a base di cellule staminali sul quale tuttavia mai è stato permesso di fare vera chiarezza.
I fatti che vengono giudicati a Torino sono riferiti al 2007, quando Vannoni chiese un finanziamento alla Regione Piemonte per una sua società (Medicina rigenerativa). L’anno successivo la Regione deliberò di stanziare 500mila euro salvo poi cambiare idea e ritirare la decisione prima di erogare il denaro. Secondo l’accusa, Vannoni avrebbe mentito sull’iscrizione della sua società al registro delle onlus presentando un progetto senza solidi contenuti scientifici e privo delle asserite garanzie da parte di scienziati di vari Paesi.
Secondo la testimonianza di un militare della Guardia di Finanza, Vannoni avrebbe comnunque “acquisito finanziamenti per ricerche di mercato dalla Regione Piemonte per attività turistiche”.