Mestre. Testimoni, reperti, video: così si sta cercando la verità sulla strage del bus
Fiori e peluche sul luogo dell'incidente
L'inchiesta della procura di Venezia per chiarire le cause dell'incidente del bus procede su due binari: l'ascolto dei testimoni e l'analisi dei reperti e dei luoghi del disastro. Sono state già sentite una ventina di persone, tra cui il poliziotto intervenuto per primo sulla scena dell'incidente costato la vita a 21 persone, tutti stranieri tranne l'autista Alberto Rizzotto. Sarà utile anche il racconto dei passeggeri sopravvissuti, una volta dimessi dall'ospedale, per capire cosa sia successo in quei terribili istanti. Per ora i feriti non parlano: ancora troppo fresco il trauma per affrontare il discorso. Ieri è stato dimesso il primo, un tedesco 28enne. Sul fronte delle perizie, che avranno un ruolo chiave nell'accertamento della dinamica, il materiale è praticamente pronto: numerato e schedato, verrà consegnato prestissimo agli esperti. Tra gli investigatori si dice che «la strada parla». Nei 50 metri di cavalcavia “strisciati” dal mezzo sono stati individuati 27 elementi tra segni delle ruote, pezzi di una porta, lo specchietto retrovisore sinistro, un bullone del guardrail. Dalla scatola nera del bus è già stata estratta la scheda di gestione: le immagini delle tre telecamere di bordo potrebbero fornire alcune risposte fondamentali. Il telefono dell'autista, con due schede sim, è stato acquisito e a breve sarà analizzato per ricostruire gli ultimi messaggi e telefonate. La palla passa quindi ai periti, in attesa che arrivino anche i risultati dell'autopsia effettuata sul corpo di Rizzotto.
Proprio la procura è stata chiamata in causa dalla stampa locale. Gran parte della documentazione sul pessimo stato del cavalcavia di Mestre si trovava già in Procura a Venezia da più di un anno. Il materiale - scrive il Gazzettino - era stato acquisito dagli uffici giudiziari in base ad articoli di stampa che riportavano il grave stato del manufatto, e le dichiarazioni dell'assessore ai lavori pubblici, Renato Boraso, che richiedeva un intervento urgente sulla struttura stradale. Non si conosce al momento se la procura, analizzati gli incartamenti, avesse assunto qualche ulteriore iniziativa.
Nel frattempo continua la polemica sullo stato del guardrail abbattuto dal bus prima di precipitare. Federnoleggio Confesercenti allarga la questione, interrogandosi sul problema delle barriere obsolete ancora esistenti in molti tratti dell'intera rete nazionale: "Si dovrebbe anche aprire una riflessione sulle infrastrutture stradali dedicate alla sicurezza. In particolare, sullo stato dei guardrail e parapetti specifici installati, obbligatori in Italia per ponti e viadotti stradali sopraelevati, che dovrebbero essere però in molti casi adeguati ed aggiornati alle attuali necessità di sicurezza".
Le tre giovani amiche
Continuano ad emergere le pietose storie delle vittime. Tra i 21 i morti ci sono Iryna Pashchenko, Yulia Nemova e Lyubov Shishkareva, tutte trentenni e tutte provenienti dall'Ucraina, la terra martoriata da oltre un anno di guerra da cui venivano altre 6 vittime. Le tre amiche erano in Veneto per una vacanza. Iryna era originaria di Slovyansk, nella regione di Donetsk, dove si era laureata all'Università Tecnica Nazionale. Da sei anni lavorava in un ente pubblico ucraino, l'Amministrazione delle risorse idriche del bacino di Siversko-Donetsk, presso il quale era capa del dipartimento dell'approvvigionamento idrico e del catasto dell'acqua. Dopo l'inizio dell'invasione russa, Iryna aveva lasciato la regione di Donetsk ma era rimasta in Ucraina, lavorando a distanza. Il suo profilo Instagram racconta che amava viaggiare e correre, partecipava a competizioni con il suo cane samoiedo e praticava yoga. Iryna aveva conosciuto Yulia Nemova all'università e avevano lavorato nella stessa azienda per qualche tempo, ma Yulia si era poi dimessa. E anche lei viaggiava molto: le sue ultime foto sui social raccontano di una vacanza a Budapest. Poi è arrivata quella tragica a Venezia. Ieri c'è stato un corteo di cittadini sotto il cavalcavia: la gente ha lasciato fiori, messaggi e due peluche, a ricordo dei bambini scomparsi nella tragedia.