I nodi. Santanché forse in aula giovedì 29 sulle accuse di malagestione dell'azienda
Il ministro del Turismo all'evento di Direzione Nord a Milano
Daniela Santanchè cede. Al pressing delle opposizioni, ma soprattutto - forse - alle indicazioni di Giorgia Meloni. «Risponderò su tutto, sono 23 anni che faccio politica - promette ora la ministra del Turismo - e ci ho sempre messo la faccia. Non abbiate preoccupazioni, aspettate serenamente». Potrebbe dunque approdare in Parlamento la delicata vicenda della ministra Santanchè, rivelata dalla trasmissione Report che l'ha accusata, con una ricostruzione dettagliata, della pessima gestione di una sua società. La stessa premier rompe un lungo silenzio, che ha tenuto nascosto il profondo malcontento di fronte alle accuse mosse alla sua titolare del Turismo. E di fatto costringe l’interessata a cedere alle richieste, arrivate anche dalla Lega e da Fi, oltre che dalle opposizioni, di riferire in Parlamento. Il giorno potrebbe essere giovedì 29 giugno, quando è in calendario un question time alle 15, in cui è già prevista la presenza di due ministri, il che lascia spazio per l'intervento di un terzo intervento.
«Io penso non ci sia nessun problema a riferire in Parlamento, è una richiesta legittima» delle Camere, aveva commentato sabato infatti la presidente del Consiglio. Meloni aveva già chiamato Santanchè, per dirle che non poteva rifiutare oltre, di fronte al pressing dei parlamentari. In una fase così critica per l’esecutivo, l’ultimo dei problemi che può permettersi Palazzo Chigi è uno scandalo che coinvolge uno dei ministri. Così, dopo aver ignorato per giorni le richieste di chiarimenti, Santanché dovrà rispondere: «E risponderò su tutto», assicura quindi il ministro del Turismo a margine di un evento di Direzione Nord a Milano.
Meloni ribadisce la solidità della maggioranza: «Leggo ogni giorno ricostruzioni su quando andrà a casa il governo: temo che si dovrà aspettare ancora un po’». Sia Matteo Salvini che Antonio Tajani hanno assicurato che il governo andrà avanti per tutti i 5 anni previsti, «non un minuto di meno», secondo il leader della Lega. Concorda Meloni: «In alcuni casi si sono fatte ricostruzioni un po’ surreali all’indomani della scomparsa di Silvio Berlusconi, su presunti governi tecnici». Ma, aggiunge, «mi pare che il governo stia lavorando molto bene, possiamo essere fieri dei risultati, non a livello personale come governo ma dell’Italia. La forza di questo governo sta diventando forza di questa nazione: lo vediamo nei dati e in tutti gli indicatori economici. Per cui siamo molto determinati a portare avanti quel lavoro e sono gli italiani che devono giudicare».
Quanto al Mes, la premier resta convinta che la ratifica da parte italiana possa essere ancora elemento di trattative con la Ue e quindi che sia stato giusto prendere tempo. «Sapete come la penso - conferma - . Sicuramente penso che sia un errore portarlo in aula adesso, anche per quelli che sono favorevoli alla ratifica del trattato». E ricorda come «il Parlamento aveva votato una mozione nella quale chiedeva al governo di non ratificare il Mes, a maggior ragione in attesa delle decisioni che riguardano il quadro complessivo della governance che vuol dire legge di stabilità, unione bancaria e garanzia dei depositi». Perciò, continua la presidente del Consiglio, «chi oggi chiede di prendere questa decisione, non sta facendo un favore all’Italia». E allora, «indipendentemente dal merito - continua - spero che chi lo ha calendarizzato voglia riconsiderare questa decisione che in ogni caso non aiuta l’Italia in questo momento».
Una considerazione che arriva proprio a ridosso dell’esame previsto in aula alla Camera venerdì prossimo. La speranza della premier è che la conferenza dei capigruppo di metà settimana faccia slittare l’ordine del giorno a dopo l’estate. Di fatto però la polemica era nata per la spinta del Mef guidato da Giancarlo Giorgetti a dire sì al trattato. Il leader della Lega Salvini nega incomprensioni con il suo ministro, con il quale giura di essere stato a pranzo proprio il giorno della polemica, e di aver condiviso «con lui tutte le scelte di questi otto mesi».
Soddisfatte le opposizioni per essere riuscite a "stanare" la ministra Santanchè, dopo giorni di martellamento con la richiesta di spiegazioni alle accuse di Report. A cominciare dalla segretaria del Pd: «Una mozione di sfiducia? - chiede Elly Schlein - Un passo alla volta, intanto venga a riferire, ascoltiamo cosa ha da dire. Fa piacere che con noi a chiederlo ci siano anche arrivati Lega, FI e, con estremo ritardo, la Meloni». Perché, dice Schlein, «ministri di Italia e di Europa si sono dimessi per fatti molto meno gravi di quelli che si stanno profilando».
«È inaccettabile - attacca anche Francesco Silvestri, capogruppo M5S alla Camera - che una ministra della Repubblica sia sospettata di cercare di ottenere condizioni di favore per le imposte non saldate, gli interessi e le sanzioni delle sue aziende, nonché di aver fatto utili pazzeschi anche cancellando i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori. Chiaramente non ci fermeremo fino a che la ministra Santanché non darà risposte chiare e esaustive».
E anche sul caso Santanchè c’è sintonia tra Pd e M5s, pure se il presidente 5s Giuseppe Conte per ora non affonda. Ma non intende «permettere che passi il principio di arroganza del potere nei confronti dei cittadini». E dunque la ministra deve chiarire in Parlamento. «Faremo tutte le mosse conseguenti a un atteggiamento inaccettabile - continua il leader 5s - . Dire che querelerà non è sufficiente. C’è un aspetto giuridico e uno morale».