Cambiare il governo del territorio, prima che sia troppo tardi, per aggredire l’emergenza inquinamento in modo efficace. La tre giorni di Milano, simbolo di fine anno della lotta allo smog, ha
definitivamente portato in testa all’agenda politica, nazionale e locale, la necessità di interventi ambientali a misura d’uomo, in grado di coniugare sostenibilità e sviluppo. Ma per evitare il cortocircuito decisionale, tra centro e periferia, è necessario modificare lo
status quo. «Non si può affrontare un’emergenza come questa solo a livello locale, ma serve una visione di più ampio respiro – spiega
Leonardo Salvemini, docente di Diritto ambientale alla Statale di Milano –. I sindaci hanno come dovere istituzionale quello di mettere l’opinione pubblica cittadina di fronte al problema, avendo principalmente a cuore il tema della salute. Poi però spetta alle Regioni il compito di coordinamento. Anzi, alle macro-regioni: l’inquinamento delle grandi aree urbane accomuna tutto il Nord, ad esempio, e nello stesso tempo vanno riconosciute specificità e differenze territoriali». Il «grande catino» della Pianura Padana è l’osservato speciale di queste settimane, eppure non va dimenticato che a Milano e a Torino, rispetto ai primi anni Settanta, la diminuzione delle polveri sottili è già stata del 70%. Non solo: le emissioni totali di particolato dovuto alla presenza dei camion si sono ridotte di un terzo negli ultimi quarant’anni. Non basta, ovviamente, e neppure va trascurato il riassetto industriale (con relativo ridimensionamento degli stabilimenti produttivi) avvenuto nello stesso arco temporale. «Senza dubbio – osserva
Marco Ponti, ordinario di Economia al Politecnico di Milano ed esperto di infrastrutture – si può dire però che l’ammodernamento del parco tecnologico delle auto è stato fondamentale, e può esserlo in futuro, assai di più rispetto al cosiddetto 'cambio modale'». Il riferimento è alla possibilità di utilizzare nuove piattaforme rispetto ad esempio al trasporto su gomma. Rimodulare il mix dei finanziamenti pubblici che finora ha destinato due terzi delle risorse a strade e autostrade e solo il 12% alle ferrovie è dunque importante, ma non per forza risolutivo. «Prima devono arrivare nuovi modelli di mobilità sostenibile, a partire dal trasporto pubblico per arrivare all’utilizzo dell’auto elettrica » continua Salvemini. Decisive, ancora una volta, saranno le strategie di incentivazione da parte dello Stato. «L’obiettivo? Camion puliti, nuovi processi virtuosi sui vecchi furgoni diesel che ancora invadono il centro delle nostre città contribuendo ad innalzare l’inquinamento» ragiona Ponti. «Il diritto alla salute viene prima di ogni altro interesse economico – sottolinea il presidente del Wwf Italia,
Donatella Bianchi –. Per combattere l’inquinamento atmosferico, come è avvenuto per i cambiamenti climatici, servono decisioni drastiche e strategie mirate basate su criteri scientifici e nuovi modelli di mobilità e di organizzazione urbana». Le contromisure sono già possibili e attengono in generale al buon senso di famiglie e privati cittadini. Alcuni esempi di 'buone pratiche' sono stati citati ieri dalla Società italiana di igiene:
si va dalla moderazione nell’uso del riscaldamento, con termostati fissati a 19-20 gradi, più che sufficienti per garantire il benessere termico, alla chiusura delle finestre per chi sta in casa fino all’azionamento degli impianti di ricircolo dell’aria durante la circolazione in aree urbane inquinate, specie quando si è in coda o in gallerie. «È il momento giusto per riflettere e adottare politiche di lungo periodo» ribadisce Salvemini. Anche le risorse destinate in legge di Stabilità, come i 91 milioni per la mobilità ciclabile, rappresentano già qualcosa. «A patto che siano Comuni e Regioni a poterli gestire direttamente» precisa Ponti. È uno dei tanti tasselli necessari per riscrivere dal basso un nuovo patto territoriale, all’insegna del rispetto dell’ambiente.