Verso il voto. Berlusconi rilancia la flat tax, Meloni: Italia in ritardo sul Pnrr
Giorgia Meloni (Fdi) con Silvio Berlusconi (Fi) in una foto d'archivio
Un video sui social. Silvio Berlusconi lancia la prima puntata delle "pillole" con cui intende illustrare agli elettori i contenuti dell’agenda di Forza Italia, che servirà – sostiene – per «levare di torno i signori della sinistra». Lo fa rilanciando un tema da sempre caro alla coalizione di centrodestra: la flat tax, che sarà – promette il Cavaliere – del 23 per cento per tutti, «famiglie e imprese».
Con la tassa piatta, si alleggerirà «l’oppressione fiscale», si potrà combattere «davvero l’evasione» e si potranno aumentare le entrate dello Stato. Una misura necessaria, insiste Berlusconi, per «lasciare più denaro nelle tasche degli italiani e per far ripartire consumi e investimenti».
Sono i temi economici a scandire la campagna elettorale dei leader del centrodestra. Matteo Salvini batte il suo colpo: è ora di «detassare straordinari, premi e aumenti di stipendio ai dipendenti» in attesa di «realizzare pace fiscale, flat tax e quota 41». Questo – insiste il numero uno della Lega – «sarebbe un provvedimento ragionevole, sollecitato da imprenditori di tutti i settori che vogliono mettere soldi netti in busta paga ai dipendenti per fronteggiare inflazione e maggior costo della vita».
Giorgia Meloni torna invece a riflettere sul taglio dell’outlook sul debito italiano deciso venerdì sera da Moody’s, e si dice «preoccupata» anche per la «drastica revisione delle stime di crescita del Pil italiano per il 2023» prevista dalla Commissione Europea.
Parole nette per arrivare al punto. «Siamo in clamoroso ritardo sull’esecuzione dei progetti del Pnrr, e l’Italia viene vista come una nazione sostanzialmente ferma. Per questo – chiosa il presidente di Fratelli d’Italia – siamo convinti che serva un cambio radicale rispetto alle disastrose politiche portate avanti in quest’ultimo decennio, dove il Pd è sempre stato al governo pur avendo perso sistematicamente tutte le elezioni».
Temi economici in primo piano. Ma, parallelamente, non si fermano le polemiche sul «blocco navale» proposto venerdì da Meloni e Salvini per frenare l’afflusso dei migranti sulle coste italiane. Il Partito democratico, con Laura Boldrini presidente del comitato della Camera sui diritti umani nel mondo, si domanda se Meloni «sa che per il diritto internazionale è considerato un atto di guerra, che servirebbero più navi di quante ne dispone la Marina militare, e che i morti supererebbero i respinti».
Secondo Osvaldo Napoli di Azione l’idea di Meloni è «un tipico esempio di populismo: promettere qualcosa che non si realizzerà mai». Alle critiche Meloni replica ricordando che «il Blocco navale europeo in accordo con le autorità del nord Africa che da anni propone Fratelli d’Italia altro non è che l’attuazione di quanto proposto dall’Unione Europea già nel 2017 e ribadito numerose altre volte. Chi oggi blatera che il Blocco navale non si può fare perché è un atto di guerra dimostra la sua totale ignoranza sul tema immigrazione».
E intanto la Lega avverte: «Noi al governo abbiamo già azzerato gli sbarchi e dimezzato i morti coi decreti sicurezza, che fra due mesi riproporremo identici». Il clima si riaccende e proprio Giorgia Meloni mette il centrosinistra sul banco degli imputati: «Sono già separati in casa. Si presentano insieme alle elezioni solo per odio verso il centrodestra e per non mollare le poltrone. L’Italia non può più rimanere ostaggio delle loro liti interne e della loro bramosia di potere». E Salvini rincara: «È solo un triste patto per le poltrone».