Giustizia. Meloni stoppa Nordio, il concorso esterno non si tocca
Dopo la fuga in avanti del ministro Carlo Nordio sul concorso esterno in associazione mafiosa, arriva la parola definitiva della premier che mette fine a ogni possibile ipotesi di modifica o rimodulazione del reato in questione: «Comprendo benissimo sia le valutazioni che fa il ministro Nordio, sempre molto preciso, sia le critiche che possono arrivare, però mi concentrerei su altre priorità». Uno stop prevedibile per un tema così controverso e foriero di divisioni in seno alla maggioranza, per di più a soli due giorni dall'anniversario della morte del giudice Paolo Borsellino, evento che a suo dire ispirò la carriera politica della presidente del Consiglio.
Una scelta comprensibile, pensata per non offrire il fianco a ulteriori attacchi delle opposizioni mentre è ancora al Quirinale, in attesa della firma del capo dello Stato, il disegno di legge che contiene l'abrogazione di un altro reato, l'abuso d'ufficio: «Nel percorso parlamentare agiremo in modo che la norma sia coerente con la Costituzione», ha assicurato in propopsito il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani. In ogni caso la diatriba interna a Palazzo Chigi sembra rientrata, visto che anche lo stesso Nordio ha ribadito che tra lui e il capo dell'esecutivo permane una «perfetta sintonia».
La linea del governo è stata ribadita anche oggi dal capogruppo di Fdi alla Camera Tommaso Foti, per il quale la squadra di Giorgia Meloni, «già nel suo primo decreto legge, ha scelto la strada della fermezza nella lotta alla mafia, e ciò sia con l'ergastolo ostativo che con il carcere duro. Peraltro proprio venerdì a Palermo organizzeremo una grande iniziativa pubblica. Una rimodulazione del concorso esterno non è prevista nel programma di governo». Ma è chiaro che Forza Italia avrebbe gradito più coraggio sulla questione, come si evince dalle parole (rilasciate sempre oggi) da Giorgio Mulé: «Non ho problemi a dare ragione a Nordio, e Tajani pure. E aggiungo che sull'antimafia» quella del concorso esterno «non è l'unica questione aperta. Bisogna avere la maturità di mettere mano a un nuovo codice che superi una serie di inciampi di tipo interpretativo. Penso -ha proseguito il vicepresidente FI della Camera - alla confisca e ai sequestri dei beni che dal punto di vista giuridico sono molto più fragili rispetto al concorso, ma hanno la stessa 'violenza' verso chi è destinatario di queste misure se è innocente».
La strategia è ora quella di puntare dritto sulla separazione delle carriere, dove c'è maggior convergenza in seno alla maggioranza e sulla quale si sta spendendo molto il neo segretario del partito fondato dal Cav., Antonio Tajani: «La giustizia è parte fondamentale delle riforme per rendere più competitiva l'Italia. La giustizia civile che non funziona vale 3 punti di Pil. Il processo penale così com'è porta all'assoluzione del 60% dei processati, qualcosa non funziona. Bisogna avere il processo giusto, con la netta separazione tra magistrato inquirente e giudicante». La riforma, ha poi aggiunto, «non è una cosa contro i magistrati. Noi vogliamo innalzare il livello del giudice che giudica, vogliamo metterlo su un piedistallo».