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La trattativa. Meloni congela ancora il Fondo Salva Stati europeo. Scontro con Schlein

Vincenzo R. Spagnolo lunedì 11 dicembre 2023

Quando mancano meno di quarantott’ore a giovedì, data fissata per la discussione alla Camera sulla ratifica delle modifiche al Meccanismo europeo di Stabilità, la maggioranza continua a muoversi sulla questione con l’andatura del gambero: un passo avanti e due indietro. Se Forza Italia infatti manda a Bruxelles timidi segnali di apertura, la Lega continua a mettersi di traverso. Domenica, un altolà è arrivato dal capogruppo leghista a Montecitorio, Riccardo Molinari: «Penso proprio che il 14 dicembre non discuteremo di Mes - ha argomentato -. Il ministro Giorgetti ha fatto presente che è in calendario, ma esistono provvedimenti che vengono prima». Poi, ieri, è stata la stessa premier a temporeggiare. Sul Mes, ha detto, «vedo un dibattito molto italiano e anche molto ideologico e strumentale». Un governo serio, è la sua opinione, «tiene conto del contesto e in quel contesto fa calare gli strumenti, perché non parliamo di totem ideologici. Quando saprò qual è il contesto in cui mi muovo, saprò anche cosa bisogna fare del Mes».

Lo scontro Meloni-Schlein. Un atteggiamento attendista, contro il quale da mesi tuonano le opposizioni. Al loro indirizzo, Meloni scocca qualche frecciata: «La segretaria del Pd Schlein dice che non possiamo tenere ferma tutta l’Europa. Forse non sa che chi vuole può tranquillamente attivare il Mes e semmai bisognerebbe interrogarsi sul perché nessuno vuole attivarlo».

Meloni «fa il gioco delle tre carte», ribatte Schlein, «e dimentica alcuni fatti. Primo: ciò di cui discute non è l’attivazione del Mes ma la ratifica del Trattato che lo modifica. Secondo: 26 Paesi su 27, governati da coalizioni d’ogni colore politico, hanno già ratificato. Terzo: rimane solo l’Italia, perché la destra è prigioniera della sua propaganda ideologica». Rincara la dose il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, caustico come al solito: «Sul Mes il governo Meloni è diventato il governo #melina. Il ministro degli Esteri dice che serve all’Italia. Il ministro dei Trasporti non lo vuole. Il ministro dell’Economia si finge malato. La premier non lo voleva, ora ha cambiato idea, ma si vergogna a dirlo. E dunque tutti i giorni inventano una scusa per prendere tempo».

La trattativa «a pacchetto». Col Consiglio europeo ormai alle porte, l’impressione è che l’ennesimo rinvio (forse a gennaio) possa essere funzionale, nell’ottica dell’esecutivo, a utilizzare il tema della ratifica delle modifiche al Fondo salva Stati come leva nelle trattative su altre questioni ancora aperte: il Patto di stabilità in testa a tutto («Vedo spiragli», si sbilancia la premier, anche se restano preoccupazioni per l’impatto delle nuove procedure anti-deficit cui incorrerà l’Italia), ma anche le politiche migratorie (con l’obiettivo di incassare, ad esempio, maggiori stanziamenti per il controllo delle frontiere esterne) e altro ancora. Uno scenario che riecheggia nelle valutazioni del vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani. «Come Forza Italia siamo favorevoli all'approvazione del Mes ma non c'è fretta, ne parleremo e il Parlamento deciderà - considera -. Non dobbiamo essere condizionati dalla fretta degli altri» , perché «noi abbiamo fretta su altri temi, come l’armonizzazione fiscale nell’Ue. Va discusso tutto il pacchetto».

Il caso Abascal. Ma, se rinviata ancora, la discussione sulla ratifica della riforma del Mes - oltre a far irritare Bruxelles - rischia di avvenire in un clima arroventato dalla corsa elettorale per le Europee e dal rebus delle alleanze (con Lega, Fi e Fdi in tre famiglie politiche diverse). E ogni giorno, nuovi “incidenti di percorso” possono rendere il cammino più accidentato. Come l’invito - per la nuova edizione del festival di Atreju, dal 14 al 17 dicembre a Roma - al leader dell’ultradestra spagnola di Vox, Santiago Abascal, che ha appena fatto infuriare il premier Pedro Sanchez, augurandogli di «finire appeso per i piedi». Parole che Sanchez ha definito «di straordinaria gravità» e che hanno convinto altri invitati, come il verde Angelo Bonelli, a disdire la presenza. Ma il responsabile all’organizzazione di Fdi, Giovanni Donzelli, minimizza: «Abascal non parlerà di Spagna, ma di Europa». Nel frattempo, di rinvio in rinvio, il nodo del Mes rischia di ingarbugliarsi di più. Ma nel governo c’è la convinzione che la premier saprà districarsi pure stavolta: «Giorgia Meloni sinora è sempre stata capace di trovare la sintesi - auspica la ministra del Turismo Daniela Santanché - e la troveremo anche sul Mes».