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Perugia. Dossier, «il finanziere non agì solo». Gravina indagato per autoriciclaggio

Marco Iasevoli giovedì 7 marzo 2024

Il procuratore Giovanni Melillo al fianco di Chiara Colosimo presidente della Commissione parlamentare Antimafia

La linea di Giovanni Melillo, procuratore nazionale Antimafia, è chiara sin dalle prime battute che concede in commissione Antimafia: non nascondere la gravità della nuova dossieropoli italiana, aggiungere tasselli sulle possibili finalità economico- politiche e, soprattutto, difendere la stessa Direzione nazionale Antimafia dai sospetti di cui è stata circondata in questi giorni. Insomma, la superprocura che combatte la malavita è, nelle parole di Melillo, parte lesa.

In una delicata sessione da cui non si assenta, come richiesto dal centrodestra, il parlamentare M5s ed ex capo della Dna Cafiero de Raho, Melillo si mostra netto: si tratta di «fatti estremamente gravi», ma bisogna evitare «polemiche scomposte» contro la Direzione nazionale, di cui si prova a «incrinare l’immagine». Parte lesa, Melillo e il suo ufficio. Ma anche accusatore non troppo velato. Le condotte di Pasquale Striano, il finanziere recordman di accessi abusivi a informazioni riservate e (presuntamente) protette, «mi paiono difficilmente compatibili con la logica della deviazione individuale».

E dunque, è la conclusione del procuratore antimafia, «uno dei punti centrali» dell’inchiesta di Perugia «sarà comprendere il suo sistema di relazioni ». Per Melillo, insomma, la presenza di una “regia” è più di una ipotesi di lavoro. La Procura Antimafia va difesa perché i protagonisti della vicenda sono «singoli servitori ipoteticamente infedeli», che potrebbero aver agito sia per fini politici (Melillo ammette che i “dossierati” sono quasi esclusivamente di centrodestra, per una «ridotta propensione alla equanimità degli sforzi») sia per la presenza di «un mercato parallelo di informazioni riservate».

L’audizione, lunga cinque ore, è intensa. I partiti di governo incalzano e chiedono il «regista», Melillo, che pure non schiva l’ipotesi, fa presente che le indagini della procura retta da Raffaele Cantone (che sarà ascoltato oggi dalla commissione) sono in corso e non possono emergere ora dettagli così delicati. Il procuratore antimafia è netto anche nell’affermare tutti i deficit del sistema di controllo e prevenzione che dovrebbe evitare l’accesso abusivo ai dati, un lavoro di rafforzamento che, fa intendere, è iniziato con il suo mandato alla luce di stress test «sconfortanti».

Anche se, spiega ancora Melillo, molti dei dati carpiti da Striano «non erano stati esfiltrati solo dalla nostra banda dati, che è ben lontana dall’essere un buco nero, ma anche da altri sistemi ». Tra questi, il “Serpico” dell’Agenzia delle Entrate e il “Siva” sulle operazioni finanziarie anomale. Non bisogna insomma scagliarsi contro le sole “Segnalazioni di operazioni sospette” (le ormai famose Sos), «strumenti essenziali contro il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo». Chiarissima, insomma, la preoccupazione di Melillo: che un’onda possa travolgere gli strumenti che ora ha tra le mani chi combatte mafie, terrorismo e cyberattacchi. Dal fatto grave, si passerebbe all’indebolimento del sistema- Paese.

Perciò Melillo ha voluto essere ascoltato. E anche Cantone andrà in Antimafia per provare a blindare la sua delicata indagine.

Intanto, uno degli spin off della dossieropoli, il caso del presidente della Federcalcio Gabriele Gravina, ha un primo seguito sostanziale: la formale iscrizione nel registro degli indagati con l'accusa di autoriciclaggio. L’atto è arrivato contestualmente con l’inizio dell’interrogatorio che era stato sollecitato dallo stesso numero uno di via Allegri. Su Gravina era stata la Dna a fare rapporto sull’intreccio tra il canale tematico 2018 della serie C, la compravendita sfumata di libri antichi e un appartamento comprato a Milano: un tris di affari che ha come filo rosso proprio Gravina.