Il caso. Medici non specializzati in corsia. Tutti contro la decisione del Veneto
Ha scatenato la protesta della categoria, la decisione della Regione Veneto di assumere giovani laureati in medicina, abilitati ma non specializzati, per far fronte a una carenza di organico, che ormai va avanti da tempo. In Veneto lavorano circa 11mila medici, ma ne mancano almeno 1.300 per coprire l’intero fabbisogno di organico. Presentate in questi giorni dallo stesso governatore Luca Zaia, le due delibere che danno il via al procedimento, prevedono un investimento complessivo di 25 milioni di euro per l’assunzione di 500 medici (320 per il pronto soccorso e 180 tra medicina generale e geriatria), con la pubblicazione del bando il 15 settembre. Esaurita la fase istruttoria, i neo medici frequenteranno 92 ore di corso alla Scuola di formazione sanitaria e due mesi in corsia, pronti per essere operativi già all’inizio del 2020. Non è la prima volta che il Veneto, insieme ad altre Regioni, come la Toscana e il Molise, pensa a soluzioni di ripiego per affrontare quella che sta diventando un’emergenza nazionale. A marzo la giunta regionale ha approvato una delibera per l’assunzione, a tempo determinato, di medici in pensione, mentre l’Azienda sanitaria Trevigiana (Ulss 2) ha deciso di far arrivare specializzandi all’ultimo anno direttamente dall’università rumena di Timisoara. «Nell’oggetto sociale della Regione – ricorda Zaia – c’è anche l’impegno a curare bene i cinque milioni di Veneti, oltre a coloro che scelgono le nostre strutture. E i dati dicono che le borse di studio per la specializzazione sono inferiori alle nostre richieste. Del resto, a livello nazionale mancano 56mila medici e solo in Veneto ben 1.300. Perché, a differenza di altri Paesi, un ragazzo laureato e abilitato non può esercitare. E poi si parla di fuga di cervelli». Zaia ha anche chiesto al presi- dente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, di presentare al governo una proposta per risolvere il problema della carenza di medici. «Tra le nostre proposte – annuncia il governatore veneto – ci sarà sicuramente quella di assumere, in certi reparti, i laureati abilitati e non ancora specializzati». Una soluzione che, però, non è condivisa dal presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo), Filippo Anelli, che, proprio ieri, ha sollecitato alle Regioni «un incontro finalizzato all’attivazione del Tavolo permanente », si legge in una lettera inviata allo stesso Bonaccini. Secondo Anelli, la decisione della Regione Veneto «ha determinato prese di posizione contrarie da parte della quasi totalità delle istituzioni delegate alla formazione, delle associazioni e degli ordini professionali ». Per questo, anche «in considerazione di iniziative analoghe assunte da diverse aziende sanitarie che stanno procedendo all’assunzione di neo laureati abilitati», Anelli chiede a Bonaccini di attivare il Tavolo permanente previsto dal recente protocollo sottoscritto tra Conferenza delle Regioni e e Fnomceo, «che richiama una condivisione di iniziative per garantire il fabbisogno di specialisti con la programmazione di un adeguato percorso professionale e formativo». Inoltre, prosegue Anelli, «più che opportuno» sarebbe il coinvolgimento del ministro della Salute, Giulia Grillo e del ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, nei confronti di una soluzione «priva dei requisiti fissati per legge e non inserita in un coerente contesto di garanzie ». Secondo l’Anaao Assomed, il principale sindacato di categoria, l’iniziativa del Veneto è «illegittima e pericolosa», tanto che l’associazione ha deciso di «impugnare le delibere e di inviare un esposto-denuncia alla Corte dei Conti. «Viene compromessa la qualità e la sicurezza delle cure – tuona il segretario nazionale Carlo Palermo –. Come si può pensare di inviare questi colleghi allo sbaraglio in prima linea nei reparti che accolgono pazienti acuti e nei pronto soccorso, creando così condizioni organizzative di grave rischio per la salute degli utenti? È una scelta politica e tecnica incosciente ed inaccettabile, che rappresenta anche una mortificante e costosissima area di parcheggio per i giovani, senza alcuna prospettiva professionale che comporta un autentico spreco di denaro pubblico». Di «svilimento della professione medica e della sua autorevolezza », parlano, in una nota congiunta, la Federazione medici di medicina generale (Fimmg), il Sindacato medici italiani (Smi), il Sindacato nazionale autonomo dei medici italiani (Snami), Cisl medici, Fp Cigl medici, il Sindacato italiano medici del territorio (Simet) e il Sindacato di medicina ambulatoriale italiana (Sumai).