Sanità e Legge di bilancio. Pensioni più magre: e i medici si preparano allo sciopero
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Per i sindacati dei medici è la goccia che fa traboccare il vaso. I tagli alle pensioni contenuti nella legge di Bilancio presentata dal Governo alle Camere, spingono le sigle di categoria a riesumare la parola “sciopero” («alla prima data utile»), prudentemente tenuta in ghiacciaia persino nello sfibrante periodo post pandemico. È un vaso già colmo di problemi epocali per la categoria, da oggi ufficialmente «in agitazione», che fronteggia, solo per citare qualche capitolo, orari di lavoro non più sostenibili, organici ridotti all’osso, paghe di gran lunga inferiori rispetto a quelle dei colleghi di numerosi Paesi Ue, i mancati accessi ad alcune scuole di specializzazione, oltre al problema dei medici di base, ormai reperibili col lanternino, e destinati anche loro, in gran numero, ad una quiescenza che non prevede ricambi, almeno nel breve periodo.
Una “fuga”, lamentano oggi i sindacati Anaao Assomed e Cimo-Fesmed, che sarebbe ulteriormente favorita dalla Manovra. E così le sigle di categoria, «dopo aver condiviso con le altre organizzazioni il percorso da seguire», inviteranno gli «iscritti con i requisiti, e che subiranno una decurtazione maggiore della pensione», a presentare «ora la domanda di pensione usando tutte le ferie arretrate». In questi giorni vengono organizzate in tutte le aziende sanitarie delle assemblee per spiegare ai sanitari in procinto di andare in pensione «i gravi danni causati dalla Manovra». Quali? «Parliamo di un taglio dell’assegno pensionistico per almeno 50mila persone, che può arrivare fino ai 26.347 euro per ogni anno di pensione, per tutta la vita», denunciano i sindacati.
«Se, con questa Manovra, il governo intende spingere ulteriormente i medici ad abbandonare il Servizio sanitario nazionale, daremo con piacere loro una mano - sono le parole di Pierino Di Silverio, segretario dell’Anaao Assomed, e Guido Quici, presidente Cimo-Fesmed -. E quando i pazienti che si recheranno in ospedale troveranno ancora meno professionisti a curarli, sapranno chi ritenere responsabile. Ma noi - aggiungono Di Silverio e Quici -, dinanzi a questo ennesimo voltafaccia, non intendiamo restare in silenzio, e siamo costretti a iniziare un nuovo percorso sindacale, meno disponibile a collaborare con le istituzioni».
Facendo due conti, sono circa 6mila i medici, veterinari e dirigenti sanitari del Ssn che, a partire da ora e fino alla fine del 2024, raggiungerebbero le prerogative pensionistiche, e per i quali si prospetta una probabile adesione di massa, a causa del taglio della remunerazione. «Hanno già maturato i requisiti o li matureranno nel 2024: ovvero 42 anni e 10 mesi di contributi e 67 anni di età - spiega Di Silverio -. Prevediamo che ci sarà un esodo dal Ssn perché i professionisti che potranno andare in pensione sceglieranno probabilmente di farlo subito, per evitare il pesante taglio che scatterà dal primo gennaio dell’anno prossimo». Dunque, avverte Di Silverio, «si rischia un abbandono massiccio del Ssn già da subito». Non solo: «Alla più che probabile uscita di circa 6mila professionisti - chiarisce il segretario del maggiore sindacato dei medici ospedalieri -, si deve infatti sommare quella di altri 4mila medici e dirigenti sanitari che ogni anno vanno generalmente in pensione pur non avendo maturato i requisiti. Numeri che si sommano alla carenza di personale negli ospedali che attualmente è già stimata in almeno 15mila unità». Insomma, «una tempesta perfetta che sta per abbattersi sulla sanità pubblica».
Intanto, per migliorare il fosco quadro dei medici di famiglia, il direttore generale dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), Domenico Mantoan, suggerisce che «il contratto, attualmente in discussione, scriva nero su bianco che, anche a fronte di una retribuzione maggiore, i medici organizzino le loro modalità di lavoro per attivare le case di comunità hub aperte h24». Una modalità già adottata, con successo, in altri Paesi Ue.