Il caso. Medici e infermieri dall'estero. Utili, ma basteranno per la Sanità italiana?
Il Pronto soccorso al Policlinico Tor Vergata di Roma
Ultimi in ordine di tempo sono i medici dalla Giordania, che sarebbero pronti a venire a lavorare in Italia. Pochi giorni fa è stato il ministro della Salute, Orazio Schillaci, a evocare il possibile arrivo di infermieri dall’India per colmare le carenze di personale del nostro Servizio sanitario nazionale (Ssn). Il ricorso a operatori sanitari provenienti da altre nazioni non è una novità. Specie durante l’emergenza pandemica, le Regioni hanno fatto reclutamenti temporanei in alcuni Paesi come Cuba o il Venezuela.
Ma il problema strutturale resta sul tavolo. E se il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), Filippo Anelli, mette in guardia dall’abuso di una facilitazione che ignori il vaglio dell’equipollenza dei titoli accademici per esercitare la professione medica, d’altro canto le associazioni dei medici di origine straniera nel nostro Paese plaudono alle aperture del ministro Schillaci e si dicono pronte a collaborare anche alla migliore programmazione dell’accesso alle facoltà e alle specializzazioni mediche.
Anche perché il problema di base, la carenza di personale nel nostro Ssn, soprattutto in alcune aree specifiche (infermieri, medici di Pronto soccorso, medici di medicina generale) è noto da un po’, ma difficilmente rimediabile in tempi brevi. Tra le soluzioni-tampone – ma che sollevano numerose obiezioni – c’è il ricorso ai costosi medici a gettone assunti gestiti da cooperative. Un’altra appare il ricorso a professionisti da altri Paesi.
Ma quanti sono i medici stranieri in Italia? Secondo l’Associazione medici stranieri in Italia (Amsi), comprendendo cittadini sia europei sia extraeuropei, si tratta di 77.500 persone, di cui 22mila medici, 38mila infermieri e 5mila farmacisti, 5mila fisioterapisti e il resto distribuito tra psicologi, podologi, logopedisti e altre figure. Il 20 per cento di questi professionisti – segnala l’Asmi – ha già la cittadinanza italiana.
Nei giorni scorsi, il ministro Schillaci aveva riferito che è allo studio un accordo per far arrivare nel nostro Paese infermieri dall’India. Infatti, secondo le stime della Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi) nel nostro Paese mancano circa 70mila infermieri. E commentando l’arrivo degli infermieri indiani, il presidente dell’Amsi, Foad Aodi, riferiva di aver saputo dal «rappresentante dell’Unione medica euro mediterranea (Umem) che in Giordania ci sono già 150 medici giordani disponibili a venire qui».
Il mese scorso un’altra specifica iniziativa è stata avviata dalla Regione Sardegna: l’istituzione di un elenco di professionisti sanitari (medici e infermieri) con titolo di studio conseguito all’estero, disponibili a esercitare la professione sul territorio regionale, purché in possesso dei requisiti secondo le direttive dell’Unione Europea.
A gennaio, in Molise, è stata lanciata la ricerca di medici specializzati in Anestesia e rianimazione: dei 19 richiesti se ne sono presentati 12, dei quali è in corso l’esame dei titoli.
Fece rumore, a dicembre 2022, l’arrivo in Calabria di medici provenienti da Cuba. Mentre ancora prima, la Regione Puglia ha puntato su medici dall’Albania e la Regione Sicilia dall’Argentina.
A favorire l’arrivo di medici da Paesi non europei è stata la legislazione di emergenza durante la pandemia, che permette l’assunzione in deroga al normale iter di riconoscimento dei titoli e all’obbligo di iscrizione all’Ordine. Una possibilità che resta in vigore sino alla fine del 2023. Ma il presidente Anelli, già nei mesi scorsi, aveva segnalato che la scelta motivata dallo stato pandemico «desta notevoli perplessità se applicata ad altre circostanze».
Difende la professionalità dei colleghi stranieri Foad Aodi (Amsi): «Sono molto preparati. E lo dimostrano le molte richiesta – più di 10mila negli ultimi 5 anni – arrivate all’Asmi da strutture pubbliche e private di tutte le Regioni italiane».
E se i vertici della Fnopi sono pronti al dialogo con il ministro Schillaci per l’inserimento di infermieri dall’India, dal territorio emerge qualche perplessità: «Può essere un aiuto e in tempi di magra ogni aiuto è ovviamente ben accetto, ma non risolverà il problema. Sicuramente non nel breve termine – puntualizza Aurelio Filippini, presidente dell’Ordine degli infermieri di Varese –. Basti pensare che in Lombardia mancano 9mila infermieri, carenza in aumento, in base ai dati Ocse sulle percentuali di medici, infermieri e cittadini».
Ieri il ministro Schillaci ha sparso ottimismo: «Nel 2026 disporremo di 61.760 infermieri in più di oggi». E se i medici, secondo i dati Ocse, sono 4 ogni 100mila abitanti, più della media europea, «la vera emergenza è la capacità attrattiva del nostro Ssn che deve offrire ai medici e agli infermieri prospettive di carriera e incentivi economici per arrestarne la fuga».
Il ministro ha infine snocciolato i meriti della sua azione: misure per migliorare le retribuzioni (specie negli operatori di Pronto soccorso), abolizione del vincolo di esclusività per gli infermieri, e contenimento del ricorso ai “gettonisti”. Occorre, ha ammesso, superare «il blocco del turnover, che negli ultimi 15 anni non ha consentito alle Regioni di assumere personale».