Milano. Max Tresoldi è stato vaccinato (dopo l'appello attraverso Avvenire)
Max Tresoldi dopo la vaccinazione con il suo accompagnatore
“Abbiamo fatto un salto sulla sedia, leggendo dell’odissea vaccinale di Max. La situazione va sanata immediatamente, entro 48 ore verrà vaccinato”. Era domenica mattina e da poche ore era uscito su Avvenire l’articolo su Max Tresoldi (l’uomo risvegliatosi dopo dieci anni di sonno profondo ma mai vaccinato, anzi sparito misteriosamente dalla lista dei disabili gravi), quando dagli uffici dell’assessora al Welfare, Letizia Moratti, ricevevamo la telefonata che prometteva di sanare al più presto l’assurda vicenda.
Non 48 ore dopo ma 4, e sempre di domenica, Max e i suoi due caregivers (come previsto dal regolamento) ricevevano la prima dose anti Covid. “Appena ci ha chiamato il portavoce della Moratti siamo corsi nel centro vaccinale di Cernusco, dieci minuti da casa, e tutto si è svolto in pochi minuti, con grande professionalità e gentilezza da parte del personale sanitario”, racconta la madre di Max, Ezia Povia.
Era stata lei sabato, attraverso le pagine online di Avvenire, a giocarsi l’ultima carta, quella della provocazione: “Se la Lombardia non vaccina nostro figlio chiediamo asilo politico al Lazio, lì lo accoglieranno”.
L’ultima goccia era stato scoprire il 9 aprile (giorno in cui finalmente gli “estremamente vulnerabili” avevano la possibilità di iscriversi alla piattaforma regionale per ricevere la profilassi) che Max era sparito persino dalle liste dei grandi disabili previsti dalla legge 104, lista di cui faceva parte da 30 anni, ovvero dal giorno in cui nel 1991 quel diciannovenne atletico e pieno di progetti cadeva in stato vegetativo dopo un incidente autostradale. Da allora ben dieci anni di “stato vegetativo irreversibile” (allora si diceva coma apallico). Poi nel Natale del 2000 improvvisamente il risveglio, tanto imprevedibile da aver lasciato increduli gli stessi neurologi. Max era tornato, ma dopo un decennio di “sonno” aveva tutto da reimparare, anche a deglutire e a respirare bene. Per questo ha i polmoni fragili come il vetro e incorre spesso in polmoniti: è il cosiddetto “paziente target” del Covid, la vittima “preferita” dal virus, candidata – qualora si infettasse – alla terapia intensiva e a un destino avverso…
“Ero chiuso in casa da oltre un anno e non potevo più ricevere i fisioterapisti, per me vitali”, spiega ora Max, un po’ a voce e un po’ a gesti (dal 2000 a oggi la parola è una delle attività ancora in fase di recupero, in questa gara olimpica che è diventata la vita di Max, lottatore senza tregua, felice di essere al mondo). “Fin da gennaio avrei avuto diritto di vaccinarmi, invece ho dovuto attendere aprile e minacciare di scappare in Lazio, dove gli anziani e i disabili sono tutti vaccinati da tempo”, racconta il giorno dopo il suo “vaccine day”.
Romanista da sempre (prima dell’incidente non si perdeva una partita), ieri in Lazio non è dovuto andare, ma ha indossato la mascherina giallo-rossa e si è presentato all’appuntamento con Pfizer. E lì il caso ha voluto che a vaccinarlo fosse un giovane medico romano: “Una mezza profezia si è avverata”, ride la madre Ezia, finalmente sollevata. “Dopo un anno e mezzo di angoscia, questa notte finalmente abbiamo dormito sereni, lui è stato benissimo. Era da febbraio 2020 che Max viveva chiuso in casa, anche per paura dei tanti che vanno in giro con la mascherina sotto il naso”. Per lui che ha problemi respiratori è stata una vera tragedia non poter prendere aria e sole, e soprattutto non vedere più nessuno dei tanti amici che quotidianamente fin dal 1991 non lo hanno mai lasciato solo. “Ora grazie al vaccino ricomincerà a vivere. Peccato solo che ci siamo dovuti rivolgere ad Avvenire per ottenere un diritto inalienabile”.
È lo stesso rammarico che ci è stato espresso dall’assessorato al Welfare: “Dispiace che per una situazione così incredibile il paziente si sia dovuto appellare alla stampa. È inqualificabile ciò che è successo e fa parte di una lunga serie di vicende che ci siamo trovati a dover sanare. Lo stiamo facendo in tutti i modi, abbiamo dato un’accelerata per rimediare e siamo grati ad Avvenire per averci segnalato questa vicenda, risolta immediatamente”.
Di “balzi sulla sedia” ne ha dovuti fare parecchi e tanti altri ne farà, Letizia Moratti, visti i ritardi pregressi nell’immunizzazione degli ultimi che avrebbero dovuto essere i primi. Ma l’importante “è che i vaccini continuino ad arrivare, se abbiamo le dosi noi siamo in grado di procedere molto spediti”. Tra tre settimane per Max la seconda dose, poi finalmente la sua gara con la vita potrà riprendere ad armi pari: da una parte la carrozzina, la tetraplegia, i mille ostacoli sulla pista delle sue giornate, dall’altra la determinazione ormai trentennale a vincere tutte le sfide. “Non mi hanno ammazzato dieci anni di coma, non mi ha ammazzato la burocrazia”, dice oggi a modo suo, alzando il pollice della vittoria.