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Covid. Max Tresoldi: "La Lombardia non mi vaccina, chiedo asilo al Lazio"

Lucia Bellaspiga, Carugate (Mi) sabato 10 aprile 2021

Max Tresoldi con la madre

“Lancio un appello alla Regione Lazio: magari loro si offrono per vaccinarmi”. Ci prova con la provocazione, Max Tresoldi, disabile che più grave non si può, ma tuttora personaggio in cerca di vaccino. Non ha perso l’ironia ma la pazienza sì: “Non mi hanno ammazzato dieci anni di coma, vediamo se ci riesce la burocrazia…”.

Max, oggi 49 anni, è quello che si chiama “un caso” per la neuroscienza internazionale: a Ferragosto del 1991, esattamente 30 anni fa, in autostrada è tamponato da un’auto potente e cade in un sonno profondo, “stato vegetativo irreversibile” sentenziano i neurologi di vari ospedali, “non si sveglierà più”. Allora è un ragazzo di 19 anni.

Ma quasi dieci anni dopo, nel Natale del 2000, Max si sveglia nel più eclatante dei modi, facendosi un segno di croce (il gesto che sua madre gli aveva fatto fare sollevandogli il braccio tutte le sere). Sveglio sì, ma come un neonato: c’era tutto da reimparare “e noi glielo abbiamo insegnato di nuovo”, racconta sua madre Ezia Povia, che a quel risveglio aveva sempre creduto contro tutti, anche contro il buon senso. In questi venti anni ogni istante è servito a riconquistare un pezzetto di vita, per tornare a deglutire, a pronunciare le prime parole, a fare piccoli passi con uno speciale sollevatore, a tenere in mano un pennello o una matita.

“Spero che anche chi non ha avuto come me 10 anni di coma possa essere felice come lo sono io”, ha scritto in stampatello in un libro del 2012 (“E adesso vado al Max”), dichiarando chiaro e tondo che seppure “disabilissimo” ha tutte le intenzioni di vivere. Sempre che la burocrazia non lo ammazzi, appunto, perché da “estremamente vulnerabile” e tutelato dalla legge 104 avrebbe dovuto ricevere il vaccino anti Covid a gennaio, tra le massime priorità. I 10 anni di sonno profondo e gli altri 20 in carrozzina gli hanno leso i polmoni, se incontra il virus è spacciato.

“Per questo da gennaio chiedevamo notizie del vaccino al medico di famiglia, che però come tutti i medici era all’oscuro e soprattutto non ha mai ricevuto le dosi per i suoi assistiti più gravi”, spiega il padre Ernesto, 75 anni. Così attendevano come la manna il 9 aprile, per registrare Max nella piattaforma regionale: “Venerdì alle 7 del mattino eravamo già al computer, ma tra i disabili lui non era contemplato. Abbiamo chiamato il nostro medico ma anche lui non lo ha trovato nella lista dei non autosufficienti”.

Inutile anche appellarsi al numero verde, “non risulta, non possiamo fare niente, chiedete al medico di famiglia”, è stata la risposta. Il quale medico lo ha nuovamente inserito nella “legge 104”, dov’era da trent’anni. Sarebbe bastato che la Regione accedesse agli elenchi dell’Inps per avere – con un clic – tutti gli “estremamente vulnerabili”, ma tant’è… Ci si è messo anche il sindaco di Carugate, Luca Maggioni, senza successo: “Se per lunedì Tresoldi non ha il suo vaccino vado di persona in Regione a capire”, minaccia. Da allora in casa Tresoldi il computer resta acceso ma Max, il “miracolo” studiato dalla scienza, è tuttora un signor nessuno. Chiuso in casa da un anno (coi polmoni che ha non può indossare la mascherina), sorride amaramente, “sono in carcere senza colpe”.

Così si appella a Roma: “Chiedo asilo al Lazio, voi mi vaccinate?”.