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INTERVISTA AL MINISTRO. Mauro: fuori dalla Siria anche con l'ok dell'Onu

Arturo Celletti mercoledì 28 agosto 2013
​La domanda è diretta: è ancora possibile scongiurare un drammatico attacco? Mario Mauro resta dieci secondi a pensare. Poi, usando il tecnicismo delle "divise", lascia ancora spazio a un’improbabile frenata. «Sì, è ancora possibile scongiurare un’involuzione di tipo militare». Sono le 16 e 50. Per qualche istante il ministro della Difesa tiene gli occhi fermi sulle agenzie di stampa. Legge l’ultimo Obama sottovoce. Apprezza la sua scelta di prendersi un ulteriore spazio di riflessione prima di dare il via libera a un attacco. «Ci vuole una prudenza estrema, bisogna pensarci milioni di volte prima di dare il via ad azioni militari. Il caso Siria va gestito con equilibrio; serve dialogo continuo perché l’obiettivo del governo italiano è uno solo: evitare avventure al nostro Paese». Il ministro "della guerra" vuole e lavora per la pace. Chiede con parole nette una «soluzione politica». E, senza nessuna esitazione, rilancia la linea dell’esecutivo: «L’Italia non prenderà parte a operazioni decise al di fuori del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Una linea profondamente condivisa da tutti». Ministro, se si dovesse arrivare a una risoluzione Onu l’Italia sarebbe pronta ad agire?No, noi siamo impegnati in Libano, in Libia, in Kosovo, in Afghanistan... Potremmo condividere la risoluzione, ma i nostri militari sono già fortemente impegnati in altri scenari. Insomma non ci sono spazi perché l’Italia prenda parte attivamente a una nuova azione militare. Non partecipare attivamente può significare concedere le basi militari?Per chiarezza va detto che fino ad oggi nessuno ci ha chiesto l’utilizzo delle basi. Accetti questa risposta.Insisto: se dovessero chiedervelo?Ogni decisione che verrà presa in questi giorni sarà un atto di collegialità del governo e sottoposta al vaglio del Parlamento. Non è il momento delle anticipazioni ad effetto. È il momento della responsabilità, della prudenza, del lavorio per scongiurare un disastro.Il premier britannico Cameron ha richiamato il Parlamento dalle ferie...Il ministro Bonino ha tenuto un’audizione congiunta davanti alle commissioni Esteri di Camera e Senato. E ha detto parole chiare. Se poi si dovesse andare oltre l’attuale scenario, il Parlamento verrebbe immediatamente investito delle questione.Prima diceva che la linea del governo è quella di evitare avventure all’Italia. Che significa?Che ci sono margini per scongiurare una deriva drammatica e rischiosa. La Siria è un paese dove la Russia ha la più importante base militare fuori dai propri confini. Non abbiamo la minima idea di quello che può provocare un attacco alla Siria nei rapporti con Mosca. Loro hanno avvertito il mondo, hanno detto che nulla sarà più come prima. Noi non possiamo non interrogarci su quel messaggio.Che vuol dire soluzione politica?Vuol dire mettere attorno a un tavolo tutti i protagonisti e, all’interno di un percorso condiviso dalla comunità internazionale, avviare una transizione al regime di Assad senza precipitare in un governo di al-Qaeda. Chi sono i protagonisti?I siriani. Sono loro, solo loro, i protagonisti. Perché se al tavolo continuano a stare in modo smaccatamente interessato (per propri progetti legati alla conquista dell’egemonia nell’area del golfo e del Sud mediterraneo) l’Iran, l’Arabia Saudita, il Qatar e la Turchia bisognerebbe soddisfare troppi appetiti e la gestione del caso diventerebbe complicatissima.Ministro, esiste un’emergenza profughi?È un problema enorme, drammatico. Per rispondere occorrono risorse economiche e la disponibilità della comunità internazionale a farsi carico delle ricadute.L’Italia rischia?L’Italia ci è già caduta dentro. Arrivano siriani tutti i giorni sulle nostre coste. Arrivano e ne arriveranno sempre di più. Non voglio lanciare allarmi, non voglio parlare di invasione, ma c’è un problema che preoccupa, c’è una situazione che va gestita con attenzione assoluta. E per farlo dobbiamo muoverci su due versanti: l’accoglienza e il controllo.