Da procedura di selezione a rito di passaggio verso l’età adulta. È cambiato così, negli ultimi 20-25 anni, l’esame di maturità, secondo il professor Giorgio Chiosso, docente di Pedagogia generale all’Università di Torino. «Fino agli anni Novanta – spiega il docente – questo esame rappresentava una selezione vera e propria: chi lo passava poteva proseguire gli studi e andare all’università. Gli altri, quelli che non erano ammessi o non riuscivano a superarlo, andavano a lavorare. Oggi non è più così, visto che i promossi sono il 95% del totale. Per i ragazzi, quindi, si tratta del primo, importante momento di verifica della propria preparazione e di passaggio verso l’età adulta».
Una tappa dal forte significato simbolico...Ma anche ricca di concretezza. È molto importante per i ragazzi perché la società dà sempre meno rilevanza alle prove, ritenute fonte di possibili delusioni per i giovani. Invece, gli esami aiutano a crescere, a misurarsi con sé stessi e con la propria capacità di impegno. Anche perché, prima o poi, la vita presenta il conto e quindi è meglio allenarsi a superare le prove fin dall’età della scuola, per non trovarsi in difficoltà quando si dovranno affrontare “esami” ben più rilevanti e decisivi.
Che giudizio attende i ragazzi che oggi si sederanno tra i banchi per sottoporsi alla valutazione di docenti che nemmeno li conoscono?È un passaggio importante ma non è il giudizio universale. Nei pochi giorni dell’esame i professori della commissione potranno dare un giudizio sulla prestazione dei ragazzi e non sulla loro vita. Anche se, come sempre, i risultati dipendono dalla preparazione e, in definitiva, dalla serietà con cui si è lavorato durante l’anno e gli anni precedenti. Non a caso si parla ancora di esame di “maturità”, un termine che non ha perso di significato.
L’esame è cambiato ma l’ansia degli studenti è rimasta la stessa: come affrontare senza eccessivi patemi questo momento?Ai ragazzi consiglio di andare all’esame con una grande carica di ottimismo, vivendo questo appuntamento con la consapevolezza di aver fatto il possibile. Un po’ come l’atleta che, dopo un anno di allenamenti, si presenta sul campo di gara deciso a dare il massimo.
Le famiglie come possono aiutare i ragazzi?Sollecitando il loro senso di responsabilità, senza caricarli di tensioni inutili, ma aiutando i figli a costruirsi una mentalità positiva. Per loro si tratta infatti della prima occasione per dimostrare chi sono e quanto valgono. Non solo la società ma anche lo stesso sistema scolastico non allenano più ad affrontare le prove della vita, rinviando e diluendo queste occasioni di impegno e di crescita.