Crisi di governo. Mattarella stoppa la melina: fiducia entro sabato o voto
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a sinistra, e il premier incaricato Giuseppe Conte (ANSA/ Paolo Giandotti - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)
A far fibrillare un percorso per la formazione del governo già accidentato ieri è bastato lo slittamento di qualche ora del vertice sul programma tra Pd e M5s «per esigenze di agenda del premier». Aggiunto alla notizia che, alle 10 del mattino, il presidente del Consiglio incaricato ha lasciato palazzo Chigi diretto al Quirinale. E così, facendo due più due, una giornata di lavoro iniziata con il sole e i migliori propositi vira velocemente verso le nuvole. E verso la paura che Giuseppe Conte voglia addirittura rimettere il mandato, ricevuto giovedì scorso, nelle mani del capo dello Stato.
Nuvole che si diraderanno solo a tarda mattinata quando Giuseppe Conte torna nella sede del governo per lavorare sul programma. E così il lungo faccia a faccia tra Sergio Mattarella e il presidente del Consiglio (chiesto dal premier), caduto come un fulmine a ciel sereno, viene riportato nel recinto degli incontri informali «fisiologici» con cui un premier incaricato informa il presidente della Repubblica sull’andamento delle consultazioni. Ma è evidente che Sergio Mattarella ha voluto far capire a tutte le parti in causa che si aspetta risposte concrete in breve tempo ed entro la settimana prossima l’espletamento di tutte le procedure di governo, fiducia in Parlamento compresa.
Tra Pd e M5s il percorso d’intesa sta proseguendo tra ostacoli e stop and go, ma da entrambe le parti questi inciampi non vengono visti come allarmistici. Tuttavia, al di là di qualche dichiarazione di circostanza dei partiti coinvolti, i passi in avanti tra dem e grillini non sarebbero poi tanto evidenti. E qui si contestualizza l’incontro tra Mattarella e Conte. Che serve a lanciare un messaggio: se l’avvocato fallisse nel tentativo di creare un governo giallo-rosso, il Quirinale non avrebbe alcuna intenzione di fare un esecutivo finalizzato alla stesura della finanziaria. Anzi, inchiodando i partiti alle proprie responsabilità, il Colle si limiterebbe a mettere in pista un governo elettorale per andare diritti alle urne, così da avere al più presto un esecutivo effettivo che possa lavorare sulla manovra.
In realtà, lo spostamento del vertice Pd-M5s presenziato da Giuseppe Conte dalle 9.30 alle 12.00 era stato comunicato al Pd nella tarda serata del giorno precedente, ma i sospetti che qualcosa stava per mettersi di traverso – di nuovo, dopo le parole di Di Maio di due giorni fa – si sono immediatamente diffusi al Nazareno e negli ambienti parlamentari della maggioranza. Fino a far trapelare la notizia che il premier incaricato fosse in procinto di gettare la spugna e si stesse dirigendo al Quirinale per comunicarlo a Mattarella. Con una tempistica che avrebbe portato ad individuare le responsabilità nelle parole incendiarie pronunciate da Di Maio dopo le consultazioni di venerdì con Conte.
Un corto circuito a cui si è messo fine quando, considerando il canale aperto che c’è sempre in questi casi tra premier e presidente della Repubblica, si è riportato il colloquio all’interno di un comune incontro informale, di routine. Pare infatti che i due avessero programmato di rivedersi nei giorni successivi all’incarico proprio per fare il punto della situazione. Tuttavia la durata importate del colloquio, quasi due ore, fa pensare che i due abbiamo messo sul tavolo tutte le questioni irrisolte.
Sta di fatto che il nuovo slancio dato alle trattative di Giuseppe Conte, nella riunione durata quasi tre ore ieri mattina con i capigruppo di Camera e Senato dem e pentastellati, rientra proprio nella volontà di fare presto, chiesta sin dall’inizio dal capo dello Stato, per arrivare ad un documento condiviso che sia alla base del nuovo esecutivo giallo-rosso. Un governo che, qualora nascesse, dovrà affrontare non solo una finanziaria impegnativa sul fronte delle risorse necessarie, ma – visti gli ultimi dati economici dell’Istat – anche immaginare una seria politica di rilancio del Paese.