Carceri. Mattarella: restrizione rispetti diritti e dignità della persona
Il rispetto della dignità, anche quando si è in carcere. Il capo dello Stato Sergio Mattarella torna sul tema, più volte affrontato, della detenziopne dietro le sbarre nel rispetto della persona. E lo fa con un messaggio inviato al Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, Mauro Palma, in occasione della presentazione dell’annuale relazione al Parlamento. «Numerosi spunti di riflessione, di analisi e di proposta» sono offerti in quelle pagine, scrive il presidente della Repubblica, nella prospettiva di rendere «rispettosa della dignità della persona la restrizione, anche temporanea della libertà derivante dall'applicazione di norme di legge poste a protezione del consorzio civile».
Mattarella durante la visita nel carcere di Nisida nel 2021 - Foto d'archivio
Nel ringraziare il Garante per essersi impegnato ad «assicurare valore al tempo della detenzione, per favorire il reinserimento sociale e il recupero della soggettività dei reclusi», Mattarella ne sottolinea l’attività meritoria di contemperare «la funzione di prevenzione con quella propositiva, attraverso un monitoraggio costante delle varie realtà, al fine di garantire la piena applicazione dei principi costituzionali a tutela dei diritti individuali». Lavoro per cui, ricorda il capo dello Stato, il Garante ha avuto anche un riconoscimento internazionale, che diventa «patrimonio di credibilità destinato a consolidarsi nella perseverante attenzione al delicato tema della condizione detentiva».
I dati sulle carceri
Al primo giugno di quest'anno le persone detenute in carcere sono 57.230; 2.504 sono donne, mentre ne erano 2.285 sette anni fa. Dati comparabili, sebbene in aumento di più di 2.500 persone detenute: la capienza, già allora carente, è aumentata dal 2016 solo di mille posti regolamentari. Due dati indicano mutamenti – è la riflessione del Garante Palma - la percentuale delle persone straniere in carcere è diminuita dal 34 al 31,2%; particolarmente diminuita, è un dato positivo, è la percentuale di coloro che sono in carcere senza alcuna condanna definitiva, passando dal 35,2 al 26,1% nel corso di questi anni. Resta alto, ed è andato aumentando, il numero di persone ristrette in carcere per scontare condanne molto brevi: 1.551 persone sono oggi in carcere per scontare una pena, non un residuo di pena, inferiore a un anno, altre 2.785 una pena tra uno e due anni. Non a caso così, il garante invita a «garantire l’accesso a misure diverse dalla detenzione per pene brevi». Per quanto riguarda i dati relativi ai minori e ai giovani adulti in questi 7 anni hanno mantenuto un complessivo equilibrio: quelli ristretti negli istituti penali per minorenni sono, alla stessa data, 390, altri 3802 sono in messa alla prova e complessivamente il servizio minorile ha in carico 14473 minori o giovani adulti, mentre erano 14.212 nel 2016.
Inoltre, preoccupa anche il dato sui suicidi dietro le sbarre. «A nessuno può sfuggire la rilevanza che nell'ultimo anno e in quello attuale ha assunto il numero di suicidi delle persone ristrette. Oggi, il numero di persone detenute che hanno scelto di togliersi la vita è gia' salito a 30 con in più altri 12 decessi per cause da accertare – sottolinea - alcuni dei quali attendibilmente classificabili in futuro come suicidi, mentre scorre la ventitreesima settimana dell'anno». Anche trainato dal caso Cospito il Garante torna sul tema del carcere duro. «È tempo di aprire un chiaro confronto sul regime speciale» del 41bis, per valutare «la sua funzione necessaria per l'interruzione di connessioni, collegamenti e ordini tra le varie organizzazioni criminali, ma anche sulle sue regole, sulla sua attuale estensione numerica, sulla durata troppo spesso illimitata, che si perpetua non di rado fino all'ultimo giorno di detenzione in caso di pene temporanee». E sul reato di tortura, introdotta nel 2017 nel nostro codice, il garante ricorda che «è una norma di civiltà da difendere». Una visione che trova d’accordo il presidente dell’associazione Antigone, Patrizio Gonnella, per cui su questo reato «non si torni assolutamente indietro. C’è ben altro su cui discutere che non cambiare questa legge».
La situazione nelle Rems
Altro capitolo affrontato nella relazione del Garante dei detenuti è la situazione dei cosiddetti "rei folli", cioè persone colpevoli di aver commesso un reato ma considerate incompatibili con la condizione carceraria per la loro salute mentale. Sono 632 le persone internate nelle attuali 31 Rems funzionanti, aggiungendo in in particolare, "la percentuale delle persone accolte in misura di sicurezza provvisoria: il dato del 46,7% del totale ha certamente incidenza sul numero di coloro che pur in misura definitiva non trovano adeguata sistemazione e conseguente attenzione". Inoltre, Palma pone l'accento sul fatto che "il numero complessivo di persone che sono state dichiarate destinatarie di tale misura e che supera di molto il numero di coloro che al momento della chiusura erano ospitati negli Ospedali psichiatrici giudiziari: erano 698 a quella data (precisamente al 25 marzo 2015, secondo il rapporto ufficiale del ministero della Salute e del ministero della Giustizia) i pazienti ancora reclusi in quelle inaccettabili strutture. Dato incomparabile rispetto a quello attuale che, oltre alle 632 persone già accolte in Rems, ne indica altre 675 in lista di attesa e di esse 42 illegalmente recluse all'interno di ben 25 carceri, senza titolo detentivo".