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Caivano. Lo sgombero delle polemiche: «Massima attenzione per chi è fragile»

Antonio Maria Mira venerdì 9 febbraio 2024

Sit-in degli abitanti di Caivano ieri dopo la notifica della denuncia delle occupazioni abusive da parte delle autorità

Lo aspettavano da mesi, nel Parco Verde di Caivano, il giorno in cui lo Stato avrebbe presentato il suo conto a chi per decenni ha occupato abusivamente le case popolari del quartiere. Precisamente dal 31 agosto dell’anno scorso, giorno in cui la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, visitò questa periferia dell’area a nord di Napoli e ribadì l’impegno del suo governo a ripristinare l’ordine lì dove il degrado e la camorra, che aveva costruito nel quartiere un sistema massiccio di spaccio di droga attivo 24 ore su 24, l’avevano fatta fino ad allora da padroni. Quel giorno è arrivato ieri: 419 persone sono state denunciate per aver occupato abusivamente le case popolari del Parco Verde, senza aver pagato mai quanto dovevano al Comune, ora governato da una commissione straordinaria insediatasi dopo l’ennesimo scioglimento per infiltrazioni mafiose della scorsa estate.
Loro e i loro figli hanno un mese di tempo per lasciare le proprie abitazioni. Se non lo faranno, saranno sgomberati.

«Faremo di tutto per avere attenzione per le persone e le famiglie fragili, ma naturalmente sempre nel rispetto dell’indagine giudiziaria e nel rispetto della legge». Lo assicura il prefetto Filippo Dispenza, coordinatore della Commissione straordinaria che dallo scorso ottobre gestisce il Comune di Caivano dopo lo scioglimento per infiltrazione e condizionamento camorristico (gli altri commissari sono Simonetta Calcaterra, viceprefetto, e Maurizio Alicandro, dirigente di seconda fascia). «Questa indagine - ci tiene a precisare il prefetto - è nata prima del nostro arrivo, subito dopo i gravissimi casi di violenza verso le due minorenni. Con una maggiore attenzione da parte dello Stato e della magistratura. Nasce così questa indagine per mettere finalmente ordine all’interno di Parco verde anche sulla questione abitativa». Da un punto di vista tecnico, aggiunge, «questa è un’indagine della magistratura delegata alle autorità di polizia e noi dovremo trattare e gestire la situazione visto che gli appartamenti sono di proprietà del Comune, cercando di avere attenzione per le fragilità familiari. Questo è il nostro intendimento ».

Dispenza ripete più volte che «saranno rispettate chiaramente le decisioni della magistratura. Non possiamo andare contro la legge, siamo qui proprio per ripristinare l’applicazione delle regole e delle leggi in una situazione amministrativa disastrata. S’immagini se possiamo pensare di andare contro le leggi. Lo Stato normalmente e semplicemente per definizione interviene per ripristinare l’applicazione delle leggi, delle regole e il dettato della Costituzione. Per quanto mi riguarda è così e non può essere che così». La Commissione ha ben chiara la situazione che ha trovato e non lo nasconde. «Qui le istituzioni diciamo che si erano distratte. E quindi ben vengano gli interventi per ripristinare le regole e le leggi. Purtroppo quello delle occupazioni abusive è fenomeno molto diffuso e non solo qui. Ci vorrebbe più trasparenza. La questione è antica. Quando per troppo tempo non si interviene poi tocca a qualcun altro farlo. Qui tocca a noi». Ma, insiste nuovamente, «faremo la massima attenzione alle persone deboli, per quello che la legge ci consentirà di fare. Noi siamo tre dirigenti dello Stato con una certa sensibilità umana e sociale».

E ricorda un intervento su una situazione di fragilità, proprio al Parco verde e proprio nella giornata dell’intervento della Procura. «Ci siamo occupati di una famiglia con una signora gravemente malata ma con l’ascensore sempre rotto. Oggi lo abbiamo fatto ripristinare. È l’ennesima volta da quando siamo qui. L’ascensore si rompe in continuazione. Immagini per quali motivi…». Resta una preoccupazione. « Dobbiamo sperare che non ci siano ora tensioni sociali. Sarebbe bene evitarle, ma qualcuno che proverà a soffiare sul fuoco non possiamo negare che ci potrebbe essere».