Onu. Martina: «Zero sprechi contro la fame nel mondo»
Il vicedirettore generale della Fao Maurizio Martina
Sprechi alimentari, finanza, salute e cambiamenti climatici: di questo e di altro ancora si parlerà al Pre-Summit sui Sistemi Alimentari delle Nazioni Unite che si apre a Roma domani 26 luglio per concludersi mercoledì 28. L’obiettivo è quello di raccogliere buone pratiche per il settore e avviare alleanze e azioni quanto più possibile condivise in vista dell’incontro ufficiale delle Nazioni Unite in programma a New York a settembre. Sotto la guida del segretario generale António Guterres, il Pre-vertice sarà un “vertice popolare” che annovererà, tra i tanti partecipanti, giovani, agricoltori, popolazioni indigene, società civile, ricercatori, settore privato, leader politici e ministri dell’agricoltura, dell’ambiente, della salute, dell’alimentazione e delle finanze. L’evento si pone di presentare gli ultimi approcci scientifici e basati sull’evidenza provenienti da tutto il mondo per la trasformazione dei sistemi alimentari, di avviare una serie di nuovi impegni attraverso azioni congiunte e di mobilizzare nuovi finanziamenti e collaborazioni. Fra i numerosi appuntamenti anche il Vaticano ospita una sessione del Pre-summit: accadrà martedì prossimo, quando la Commissione Vaticana Covid-19 istituita dal Papa presso il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, insieme a The Economy of Francesco, movimento internazionale di giovani economisti ispirato dal Santo Padre, ospiterà un evento dal titolo "Le persone e il Pianeta: i giovani danno senso e azione alla giustizia alimentare". La sessione sarà ospitata su Zoom.
C’è un’emergenza nell’emergenza che non possiamo far finta di non vedere. Ma c’è anche un obiettivo molto ambizioso che deve essere raggiunto fra meno di 9 anni: porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare l’alimentazione e promuovere l’agricoltura sostenibile. Lo dice l’obiettivo numero 2 dell’agenda 2030. Eppure la fame nel mondo corre e raccoglie sempre più vittime. «È dal 2014 che assistiamo ad un incremento della fame nel mondo e purtroppo c’è stata con la pandemia una grande accelerazione perché negli ultimi 12 mesi abbiamo avuto circa 12 milioni di persone in più malnutrite o sottoalimentate che si sono aggiunte ai già 700 milioni che vivevano nell’area della povertà alimentare» snocciola Maurizio Martina, ora vicedirettore generale della Fao è già ministro dell’Agricoltura, alla vigilia del Pre-vertice delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari che la Fao ospiterà a Roma da lunedì per tre giorni.
L’obiettivo fame zero è sempre più lontano?
Circa un decimo della popolazione mondiale, ovvero fino a 811 milioni di persone era sottoalimentato già prima della pandemia: un dato che purtroppo peggiorava di anno in anno già a partire dal 2014. La pandemia ha accelerato ulteriormente perché in 12 mesi abbiamo registrato un aumento del trend pari a quello di ben 4 anni. Tutto questo ci dice che il mondo dovrà compiere uno sforzo imponente per tenere fede all’impegno di porre fine alla fame entro il 2030. Ed è la ragione per la quale in Fao continuiamo ad insistere con i governi perché ci si renda conto che c’è un’emergenza nell’emergenza e dobbiamo raddoppiare gli sforzi nella metà del tempo.
E il 2030 è appunto dietro l’angolo...
È evidente che se non fermiamo questo trend non raggiungeremo l’obiettivo. Rischiamo di avere nel 2030 circa 600 milioni di persone malnutrite e non possiamo permettercelo. Il senso del nostro lavoro in questo Pre-vertice è appunto quello di suonare la sveglia, suonare l’allarme e condividere gli obiettivi di un’azione straordinaria che deve poggiare su due-tre assi: che sono la lotta alla fame, la lotta ai cambiamenti climatici e all’equità. La pandemia ha strappato ulteriormente quei tessuti già fragili.
Qual è la causa principale della fame?
Sono i conflitti e le guerre e poi a seguire i cambiamenti climatici. Le situazioni emergenziali e più drammatiche le abbiamo dove ci sono conflitti e guerre civili: se guardiamo la cartina geografica del globo vediamo che si ripropone la grande frattura tra Nord e Sud del mondo dove la combinazione di guerra e conflitti e cambiamenti climatici ha messo in ginocchio intere popolazioni. Parlo dell’Africa, dell’Asia e di parte dell’America latina.
Quindi, qual è l’obiettivo del Pre-vertice?
Mi auguro che ci aiuti ad accendere i riflettori e a definire un campo di azioni operative. Roma nei prossimi giorni deve servire a preparare gli esiti del vertice finale che si terrà a New York nel mese di settembre. L’evento di tre giorni riunirà giovani, piccoli agricoltori, popolazioni indigene, ricercatori, settore privato, leader politici e ministri dell’agricoltura, dell’ambiente, della salute e delle finanze, tra gli altri, per fornire l’approccio scientifico più recente e basato sulle buone pratiche provenienti da tutto il mondo, lanciare una serie di nuovi impegni attraverso nuove azioni condivise e mobilitare nuovi finanziamenti e alleanze.
Che cosa prevede la scaletta delle priorità?
La pandemia in questi 12 mesi non ha aiutato il lavoro di preparazione di questo vertice perché tutta la nostra vita è cambiata e anche il modo di lavorare è stato in un certo senso rallentato ma è importante dire che da mesi ci si sta preparando a questo appuntamento e abbiamo avuto ben 138 dialoghi nazionali. Ovunque sul Pianeta si lavora in preparazione di questo vertice: c’è un dibattito aperto sul quale sono confluite anche diverse critiche.
Che tipo di critiche?
Sono critiche che mettono in luce il rischio che si dia molto spazio alle grandi aziende, ma noi non dobbiamo avere paura del confronto dobbiamo lavorare insieme abbiamo bisogno di far confluire tutte le anime per raggiungere compromessi positivi e approcci diversi. Adesso è il tempo dell’azione e dobbiamo provare a condividere il senso e, altro tema importante, dobbiamo agire su diversi fronti.
Il Pre-vertice e poi il Vertice di settembre a New York si concentrano sui sistemi agricoli…
Sì, in particolare sulla trasformazione ecologica dei sistemi agricoli: perché anche l’agricoltura può fare fino in fondo la sua parte nella transizione ecologica e nella lotta ai cambiamenti climatici. Ci sono alcuni settori agricoli che inquinano più di altri ma non dobbiamo per questo metterli all’indice. Serve aiutarli a fare queste trasformazioni con politiche pubbliche, aiuti concreti, che sostengano appunto questa trasformazione.
Un esempio pratico?
Diventa importante riuscire ad applicare ad esempio le tecnologie digitali nell’agricoltura per produrre meglio consumando meno acqua e pesticidi. Solo in questo modo riusciamo ad allargare la base di utilizzo dell’agricoltura, con la cosiddetta “agricoltura di precisione”, l’utilizzo cioè di dati e sensori digitali per i sistemi di fertilizzazione del terreno oppure, sempre nel rispetto del grande tema della lotta alla Co2 quindi anche un programma completo che incrementi la difesa del suolo e il suo utilizzo. Anche il tema dell’acqua è fondamentale: non solo non bisogna sprecarla, ma è importante anche consumarla in maniera efficiente sapendo naturalmente che è un bene comune.
Qual è il primo step nel cammino verso “fame zero”?
Abbattere gli sprechi e le perdite: si può fare anche in tempi brevi sia a livello domestico che a livello aziendale. In particolare siamo focalizzati sulle perdite prima ancora che sugli sprechi che arrivano in un secondo tempo. Le perdite nella filiera della produzione, ad esempio. Per quanto riguarda la distribuzione iniziamo anche a vedere degli esempi virtuosi di recupero e valorizzazione. Quindi, dobbiamo lavorare su più fronti, anche su quello dell’equità. Abbiamo bisogno di dare più dignità al lavoro agricolo. Non possiamo permetterci che chi lavora nei campi abbia stipendi da fame. Ci deve essere un salto di responsabilità delle imprese e parità standard. La pandemia ci ha insegnato la lezione: esiste solo “una salute” (One health) la salute dell’uomo, legata alla salute degli animali (il 70% dei virus è di origine animale, ndr) e alla salute della natura. Dobbiamo capire che quando ci occupiamo della salute della Terra e della natura ci occupiamo anche della salute dell’uomo. Fame, salute e ambiente sono le tre grandi sfide.