Migranti. La Libia: controllo marittimo oltre le 12 miglia, stop ai soccorsi stranieri
Guardia costiera libica (Ansa)
Da adesso vogliono essere i libici a dettare le regole. Fino ad ora le operazioni di ricerca e soccorso in mare avvenivano in un’area al limitare delle acque territoriali di Tripoli. Ma ieri la Marina libica fedele al governo del premier Fayez Sarraj, ha imposto a tutte le navi straniere il divieto di soccorrere i migranti entro un perimetro molto più esteso rispetti alle 12 miglia territoriali.
«Noi vogliamo mandare un chiaro messaggio a tutti coloro che infrangono la sovranità libica e mancano di rispetto per la Guardia costiera e la Marina», ha detto il portavoce delle forze navali Ayub Qassem, riferendosi in particolare alle ong. Il generale Abdelhakim Buhaliya, comandante della base di Tripoli, dove vive praticamente da asserragliato il presidente Sarraj, ha detto che «nessuna nave straniera ha diritto di entrare» nell’area «senza espressa richiesta delle autorità libiche».
Non è stato però specificato quale sia il perimetro dell’area di ricerca e soccorso (Sar). Stando alle cartine in uso alla missione EuNavFor Med (Sophia), la zona è quella esistente ai tempi del colonnello Muammar Gheddafi e si estende fino ad almeno 97 miglia nautiche dalla costa libica, ossia 180 chilometri, a metà rotta tra Lampedusa e Tripoli, e quasi a ridosso delle acque maltesi. Al momento le navi delle Ong, invece, operano al limite delle 12 miglia nautiche delle acque territoriali, pari a 22 chilometri.
Riappropriarsi di una zona Sar – a cui la Libia aveva rinunciato dalla caduta di Gheddafi – avrà conseguenze sia interne che internazionali. Come tutte le decisioni del governo di Tripoli, si tratta di annunci che dovranno poi misurarsi con la realtà di un Paese spaccato. Perché il ripristino dell’area di competenza impatterà sugli ampi tratti di mare battuti dagli uomini del generale Haftar. La guardia costiera libica, infatti, è presente in cinque zone costiere. Tre sono controllate dal presidente Sarraj e due dal generale Haftar, che non ha confermato l’intenzione di condividere con i guardacoste di Sarraj il pattugliamento.
Peraltro, come rivelato da Avvenire l’1 luglio, anche l’ufficio del procuratore internazionale dell’Aja sta acquisendo documenti, filmati, testimonianze e rapporti d’intelligence che accusano i guardacoste di Tripoli, per «crimini contro l’umanità».