Roma. «Siamo rifugiati non terroristi». La marcia degli sgomberati
Blindatura. Della piazza dove si sono radunati e poi del corteo stesso. Un dispositivo di sicurezza messo in piedi dalla Questura capitolina, con varchi di accesso (per controllare borse e zaini), divieto di portare aste e bottiglie, centinaia di uomini delle forze dell’ordine, ma anche unità a cavallo e cinofile e infine l’intera manifestazione seguita con telecamere fisse e mobili della Polizia scientifica. Aveva fatto sapere la Questura che «sono vietate aste pesanti di bandiere o altri oggetti potenzialmente atti ad offendere, comprese bottiglie di vetro o altro materiale simile». Il nuovo posizionamento degli «ostacoli fissi in via dei Fori Imperiali», poi, «non influenzerà il regolare svolgimento della manifestazione».
Così, in testa un grande striscione esposto dagli ex occupanti del palazzo in piazza Indipendenza con la scritta «Siamo rifugiati non terroristi», è partito ieri pomeriggio il corteo contro gli sgomberi organizzato a Roma. Finito in sit in a piazza Madonna di Loreto, all’ombradel Campidoglio: «Chiediamo che una nostra delegazione sia ricevuta dal Comune e dal Prefetto perché ci assicurino una soluzione per tutte le famiglie di tutti i Paesi che Roma sono senza casa», hanno spiegato i rifugiati e le associazioni che hanno dato vita alla manifestazione di Roma contro lo sgombero di piazza Indipendenza. E ancora: «Da qui senza risposta non ci si sposta», è lo slogan ripetuto. Luciano, esponente dei Movimenti per la casa, riferisce ai cronisti l’improvviso cambio di strategia che ha trasformato il corteo in un sit-in, al momento autorizzato sino a lunedì. «Chiediamo l’apertura di un tavolo istituzionale con Regione, Comune e Prefettura. Ci sono i 40 milioni messi a disposizione del Campidoglio per l’emergenza abitativa, è ora di usarli».
Fino a quel momento cinquemila persone secondo gli organizzatori (Movimenti per la casa e diverse associazioni), più o meno due o tremila secondo la Questura, i manifestanti hanno sfilato al grido «Vogliamo una casa». Tanti cartelli (fra gli altri, «Mai più senza casa» e «La casa non ha confine») e anche uno con su scritto «Poliziotto fatti dare una carezza», riferito al gesto di un agente che aveva accarezzato una rifugiata durante lo sgombero di giovedì.
Nessun momento di tensione, il corteo aveva seguito il suo percorso (fino in piazza Venezia) con grande tranquillità. In testa erano proprio i rifugiati eritrei sgomberati tre giorni fa, che avevano sfilato insieme a migranti e italiani senza casa, come le sessanta famiglie accampate nella basilica dei Santi Apostoli. «Gli ultimi episodi avvenuti nella Capitale dimostrano il pieno fallimento delle politiche dell’accoglienza in Italia, dove si ragiona solo per emergenza e in nome del profitto, generando mostri come la nota vicenda di Mafia Capitale», sostenevano i manifestanti.
C’erano molti bambini. «Vogliamo una casa, i nostri giocattoli, da giorni dormiamo in strada», avevano detto nel megafono alcuni piccoli che vivevano nel palazzo sgomberato. «Per giorni non ho mangiato», aveva aggiunto uno di loro, mentre un altro ricordava i cinque giorni in cui è rimasto all’interno dell’edificio dopo lo sgombero: «Ci hanno rinchiusi senza poter uscire per andare al parco né stare alla luce. Così non si fa, vergogna, vergogna». Altri ancora, infine, avevano intonato frasi come «Vogliamo la scuola, vogliamo la casa, vogliamo la luce».
Stesso tenore per i grandi. «Vogliamo vivere come i romani, sotto una casa, sotto una doccia, con un bagno, con un medico, con un maestro», dicevano eritrei e somali reduci da piazza Indipendenza : «Vogliamo un tetto per proteggerci dal sole, dal freddo, dalla pioggia, dall’acqua – avevano urlato –, una casa adatta per bambini, anziani e malati, adatta per tutti». <+SIGLACODAA>(P.Cio)